Stai guidando, ti attraversa la strada un cinghiale e la tua auto urta contro l’animale selvatico.
Ti accorgi subito dopo che il danno causato al veicolo è consistente.
Un bel problema, non c’è che dire.
Come ti devi comportare, adesso, per cercare di ottenere il risarcimento?
A chi ti devi rivolgere?
Cosa devi fare concretamente per inviare la richiesta risarcitoria?
La pratica è un pò complessa, ma qui cerchiamo di semplificare al massimo per dare qualche indicazione utile nel caso dovesse verificarsi una situazione del genere e, in sostanza, ti trovi a dover gestire un risarcimento danni causati da cinghiali.
Indice
La prima cosa da sapere è che risponde del danno l’ente che effettivamente amministra il territorio e, quindi, la fauna del posto.
La seconda cosa è che non basta individuare l’ente astrattamente responsabile, ma bisogna anche dimostrare la condotta colposa ascrivibile all’ente stesso. Questa prova, per Legge, è a carico della persona danneggiata.
Come si può facilmente intuire allora, non è per niente semplice gestire una richiesta risarcitoria di questo tipo.
Una prova indiretta di questa complessità la possiamo trovare nel fatto che molto spesso chi rimane danneggiato in occasioni del tipo descritto non riesce ad avere bonariamente il risarcimento dei danni da parte dell’ente responsabile, ma si vede costretto ad avviare una causa.
La Corte di Cassazione si occupa più di qualche volta di questa delicata materia; qui possiamo approfittare di una sua sentenza per fissare con maggior precisione i principi accennati.
Dice la Suprema Corte: la responsabilità per i danni a terzi deve essere imputata all'ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc., a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, con autonomia decisionale sufficiente a consentire loro di svolgere l'attività in modo da poter amministrare i rischi di danni a terzi che da tali attività derivino.
Quindi, la sintesi del principio è che l’ente che amministra il territorio risponde del danno.
Tuttavia, la responsabilità per i danni causati dagli animali randagi deve ritenersi disciplinata dalle regole generali di cui all'art. 2043 c.c. e non dalle regole di cui all'art. 2052 c.c.
Non è quindi possibile riconoscere una responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell'ente cui le leggi nazionali e regionali affidano in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi, ma occorre la prova, il cui onere spetta all'attore danneggiato in base alle regole generali, di una concreta condotta colposa ascrivibile all'ente, e della riconducibilità dell'evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria (ad esempio perché vì erano state specifiche segnalazioni della presenza abituale dell'animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell'ente preposto, e ciò nonostante quest'ultimo non si era adeguatamente attivato per la sua cattura.
Qundi, la sintesi del principio è che il danno va dimostrato.
Nel caso concreto (Corte di Cassazione, Sez. 6 3 civ., ord. n. 13488 del 29.05.2018), è stata individuata la responsabilità ex art. 2043 c.c. dell'Amministrazione provinciale, per il risarcimento dei danni derivanti dalla collisione dell'auto con un cinghiale che improvvisamente attraversava la strada.
Riassumendo:
1) la domanda di risarcimento va rivolta all’ente che amministra il territorio teatro del sinistro,
2) la prova del danno è a carico del danneggiato,
3) la prova del nesso causale è sempre a carico del danneggiato.
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