In materia di armi, a chi chiede il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso sport il Questore risponde in due modi: accorda il rinnovo o lo respinge.
Il secondo è il caso in cui l’amministrazione si convince che l’affidabilità della persona è venuta meno visti, per esempio, alcuni controlli effettuati con persone che annoverano precedenti penali e di polizia.
Allora: in casi come questo, che fare?
Indice
La sentenza 925/2020 del C.d.S.
Come vedremo, conviene presentare il ricorso al Tar, anche perché il Consiglio di Stato è stato esplicito nella sua recente sentenza n. 925/2020 pubblicata il 04.02.2020, dove ha respinto un appello del Ministero dell’Interno che cercava di contestare la favorevole sentenza di primo grado del Tribunale.
Ovvio che l’argomento proposto nell’articolo è solo un pretesto, uno spunto per esaminare più da vicino situazioni somiglianti, partendo dalla considerazione che di solito fa la Questura in questi casi (vedi anche armi).
La premessa doverosa da fare è che in questa materia disponiamo di un numero veramente elevato di sentenze amministrative, di primo e secondo grado.
I criteri ricavabili dalla giurisprudenza, in estrema sintesi, sono questi.
In materia di armi l’Autorità esercita un ampio potere discrezionale: la natura dell’atto finale non la esime però dalla regola dell’adeguatezza dell’istruttoria e, soprattutto, della motivazione.
Quindi, applicando il criterio al caso di respingimento dovuto alle dubbie frequentazioni (vedi anche rischi armi), bisogna capire nello specifico se l’Autorità ha effettuato valutazioni pertinenti e coerenti, oppure queste sono state arbitrarie e poco approfondite.
Di base, per comprendere questo fondamentale passaggio è necessario esaminare ogni singolo episodio relativo a ciascun singolo controllo con le persone controindicate (vedi anche mio padre sorvegliato speciale) e, dopo questo esame, vedere se questi controlli e contatti hanno avuto una reale incidenza sull’affidabilità della persona interessata al rinnovo.
La sentenza 925/2020 del C.d.S.
Per restare sul caso specifico trattato dal Supremo Consesso con la sentenza 925: “rileva il Collegio che, nel caso di specie, il giudizio prognostico di pericolosità sociale dell’appellato non sia stato sorretto da una attenta ed adeguata istruttoria. Ed invero, risulta in atti che il signor -OMISSIS- sia titolare di un -OMISSIS- in -OMISSIS- e di un -OMISSIS- in -OMISSIS-, e che, nell’esercizio della sua attività si accompagna giornalmente a svariati clienti -OMISSIS-. Gli episodi posti a sostegno degli atti gravati sono episodici ed occasionali, non sufficienti a fondare un giudizio di inaffidabilità del soggetto e di un paventato abuso delle armi, ancor più alla luce del rilievo effettuato dalla stessa Questura secondo cui le frequentazioni del signor -OMISSIS- con soggetti controindicati sarebbero «inconsapevoli», proprio in ragione dell’attività lavorativa dallo stesso svolta, nella quale è insita la possibilità di accompagnare potenziali clienti a -OMISSIS-.
Alla luce di ciò, ritiene il Collegio, che l’Amministrazione competente, tenendo conto dei principi di diritto suddetti, debba riesaminare se sussistano in capo al signor -OMISSIS- i presupposti richiesti dalla normativa vigente ai fini dell’autorizzazione a detenere armi e, ove insista nelle sue posizioni, di approfondire la motivazione a sostegno”.
Dunque, in conclusione, il ricorso in casi come questo serve, in quanto è l’unico strumento difensivo messo a disposizione della persona interessata per far valere i propri diritti ed interessi, in situazioni dove il Ministero dell’Interno non compie una corretta lettura dei dati di cui dispone per il rinnovo della licenza (vedi anche porto di fucile).
Altre informazioni?
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