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Mercoledì, 25 Settembre 2019 14:19

Diniego permessi Legge 104/2: sentenze utili per il ricorso

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Tanti sono i casi dove l’Amministrazione nega ai Militari i permessi ex art. 33 co. 3 L. n. 104/92.

Cerchiamo dunque di capire come muoversi in sede di ricorso e, soprattutto, a quali sentenze favorevoli appoggiarsi.

Un’ottima guida per trovare ed utilizzare queste pronunce possiamo reperirla nella sentenza n. 5635/19 del Consiglio di Stato Sez. Quarta, pubblicata in data 8 agosto 2019.

Si tratta di una sentenza molto importante, vera e propria pietra miliare per tutta la vasta casistica in tema di Legge n. 104/92.  

 

 

Indice

La disciplina normativa

La sentenza del C.d.S. del 30 novembre 2011, n. 5259

Le sentenze del C.d.S. 9 luglio 2012 n. 4047 e dell’11 maggio 2018, n. 2819

La sentenza del C.d.S. sez. IV 11 gennaio 2019, n. 274

Conclusioni

Come chiedere assistenza allo studio legale

 

 

 

La disciplina normativa

Innanzitutto un primo sguardo alla disciplina di riferimento in materia di permessi retribuiti.

L’art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha previsto, al comma 3, che “a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”; altresì il legislatore, al comma 5, ha statuito che “ il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.

L’art. 24 della legge n. 183 del 2010 ha sostituito il comma 3 (permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede più vicina) della legge nr. 104 del 1992, eliminando i requisiti della cosiddetta continuità ed esclusività nell’assistenza quali necessari presupposti del beneficio mentre l’art. 19 della medesima legge, rubricato “Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco” ha previsto che “1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.

 

 

 

La sentenza del C.d.S. del 30 novembre 2011, n. 5259

Ora, secondo una prima interpretazione della Sezione (sentenza 30 novembre 2011, n. 5259), che pone l’accento sull’ampia accezione dei “contenuti del rapporto di impiego” richiamati nonché sulla “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali” che interessano il personale delle Forze Armate e di Polizia in ragione della propria missione istituzionale, la successiva disciplina attuativa costituisce un passaggio necessario, in mancanza del quale le disposizioni di dettaglio stabilite per la generalità dei dipendenti non possono trovare immediata applicazione. L’intervento di tale disciplina attuativa si assume necessaria dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, “della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 maggio 2011, n. 2707).

 

 

 

Le sentenze del C.d.S. 9 luglio 2012 n. 4047 e dell’ 11 maggio 2018, n. 2819

Più di recente la Sezione ha però rilevato che tale “assunto, seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che nel riconoscere la "specialità" sembra introdurre motivi di deroga all'ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni, primo dei quali è senza dubbio il carattere programmatico della norma […]. In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell'art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente e pertanto, sino a quando la legislazione attuativa richiamata dall'art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze Armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco. Ciò non significa che l'art. 19 sia un mero "manifesto" privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta chiaramente un principio che vincola l'interprete - il principio di specialità - e ne spiega le ragioni che lo ispirano, sì da porsi quale guida esegetica nell'applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme” (cfr. sentenza 11 luglio 2012, n. 4106; vedi anche sentenza 9 luglio 2012, n. 4047).

Tale indirizzo è stato confermato con ulteriori pronunce di questo Consiglio (ad es. sez. III, sentenza 11 maggio 2018, n. 2819), in cui è stato ribadito che, ai sensi del predetto articolo 19, la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze armate, alle Forze di polizia e al Corpo Nazionale dei vigili del fuoco pur in mancanza degli appositi provvedimenti legislativi previsti dal medesimo articolo. Dunque, la nuova legge 104 del 1992 è da ritenere di immediata applicazione e non è pertanto opponibile agli interessati il fatto che le rispettive Amministrazioni non abbiano ancora provveduto a pubblicare circolari esplicative in materia.

 

 

 

La sentenza del C.d.S. sez. IV 11 gennaio 2019, n. 274

Risulta, poi, consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il trasferimento ex art. 33 comma 5 legge n. 104/1992 sottende interessi legittimi e, di conseguenza, implica un complessivo bilanciamento fra l’interesse del privato e gli interessi pubblici, nel quadro del potere discrezionale che compete all’Amministrazione.

Deve infatti tenersi conto del fatto che il trasferimento è disposto a vantaggio del disabile e non, invece, nell’interesse esclusivo dell’Amministrazione ovvero del richiedente, avendo lo stesso natura strumentale ed essendo intimamente connesso con la persona dell’assistito (Cons. Stato, sez. IV, 11 gennaio 2019, n. 274; 28 marzo 2019, n. 2054; 27 settembre 2018, n. 5550; 3 gennaio 2018, n. 29; 31 agosto 2016, n. 3526).

Quindi in questo l’esercizio del potere discrezionale da parte dell’Amministrazione e, dunque, la verifica della compatibilità del trasferimento ex art. 33 comma 5, con le esigenze generali del servizio, deve consistere in una verifica accurata delle esigenze funzionali, le quali devono risultare da una congrua motivazione.

Ciò comporta che, per negare il trasferimento, le esigenze di servizio non possono essere né genericamente richiamate, né fondarsi su generiche / apodittiche valutazioni in ordine alle scoperture di organico, ma devono risultare dalla indicazione di concreti elementi ostativi, riferiti sia alla sede di servizio attuale del dipendente sia a quella oggetto della richiesta del dipendente, nonché dalla considerazione del grado e/o della posizione di ruolo e specialità propri del richiedente.

 

 

 

Conclusioni

Il caso ricorrente è quello dove dalla domanda di concessione di permessi retribuiti non risulta nessun altro parente del disabile che si renda disponibile all’assistenza (nella situazione specifica analizzata dal C.d.S. nella sentenza n. 5635/19, l’appellante è stato nominato amministratore di sostegno).

Ebbene l’Amministrazione non può compiere un generico richiamo alle proprie esigenze organizzative, evitando di fornire una motivazione congrua ed idonea a giustificare il diniego, limitandosi a richiamare solo in via generale le citate esigenze.

Per fare un esempio, frasi presenti sul diniego del tipo: “grave sottoalimentazione nell’incarico di……”, e “presenza di altri familiari non oggettivamente impossibilitati a fornire la dovuta assistenza” non significano nulla.

Sono diciture inidonee a suffragare la determinazione assunta, sia per la genericità delle esigenze di servizio palesate sia per soppressione, ad opera del legislatore, del requisito della esclusività dell’assistenza.

Da qui si ricava che il ricorso va sicuramente presentato e, soprattutto, basato in diritto sulle citate e favorevoli sentenze di secondo grado.

 

 

 

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Letto 6500 volte Ultima modifica il Mercoledì, 25 Settembre 2019 14:46
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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