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Sabato, 03 Ottobre 2020 11:11

Armi: il silenzio dell’amministrazione sulle istanze del privato

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Cosa fare se l’amministrazione rimane in silenzio dopo che il cittadino ha presentato un’istanza. Regole applicabili in materia ed orientamenti giurisprudenziali. Il silenzio in generale e il silenzio-rifiuto in materia di diritto amministrativo delle armi. Guida pratica.

 

 

 

 

 

 

Da premettere che l'obbligo giuridico di provvedere da parte della Pubblica Amministrazione c’è quando il procedimento consegue obbligatoriamente ad un'istanza o debba essere iniziato d'ufficio.

 

 

 

Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.

 

I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.

 

Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

 

 

 

Il silenzio rifiuto è quindi un istituto riconducibile a inadempienza dell'Amministrazione, in rapporto a un obbligo di provvedere che, in ogni caso, deve corrispondere ad una situazione soggettiva protetta, qualificata come tale dall'ordinamento, rinvenibile anche al di là di un'espressa disposizione normativa che preveda la facoltà del privato di presentare un'istanza e, dunque, anche in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento o le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell'Amministrazione.

Su questo primo punto va tenuta presente la sentenza del T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, 23-02-2017, n. 328.

 

 

 

Poi: esigenze di giustizia sostanziale impongono la conclusione del procedimento, in ossequio anche al dovere di correttezza e buona amministrazione, in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un'esplicita pronuncia.

 

Questo secondo passaggio è stato messo in evidenza dal C.d.S., Sez. VI, con la sentenza n. 2318/2007.

 

In casi come questo la mancata risposta della p.a. viola il principio generale della doverosità dell'azione amministrativa, integrato con le regole di ragionevolezza e buona fede.

 

Su questo terzo punto va tenuta presente la sentenza del T.A.R. Roma sez. II 23 gennaio 2013 n. 788.

 

 

 

1. L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princìpi dell’ordinamento comunitario.

 

1-bis. La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente.

 

1-ter. I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei princìpi di cui al comma 1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge.

 

2. La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria.

 

 

 

1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.

 

 

 

2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni.

 

 

 

3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza.

 

 

 

4. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione.

 

5. Fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni normative, le autorità di garanzia e di vigilanza disciplinano, in conformità ai propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza.

 

 

 

6. I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall'inizio del procedimento d'ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.

 

 

 

7. Fatto salvo quanto previsto dall'art. 17, i termini di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l'acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell'art. 14, comma 2.

 

 

 

8. La tutela in materia di silenzio dell'amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell'amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte dei conti.

 

9. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.

 

9-bis. L'organo di governo individua, nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell'ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all'ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell'amministrazione. Per ciascun procedimento, sul sito internet istituzionale dell'amministrazione è pubblicata, in formato tabellare e con collegamento ben visibile nella homepage, l'indicazione del soggetto a cui è attribuito il potere sostitutivo e a cui l'interessato può rivolgersi ai sensi e per gli effetti del comma 9-ter. Tale soggetto, in caso di ritardo, comunica senza indugio il nominativo del responsabile, ai fini della valutazione dell'avvio del procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza alle disposizioni del presente comma, assume la sua medesima responsabilità oltre a quella propria.

 

9-ter. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato può rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.

 

9-quater. Il responsabile individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 30 gennaio di ogni anno, comunica all'organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsto dalla legge o dai regolamenti. Le Amministrazioni provvedono all'attuazione del presente comma, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

9-quinquies. Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte sono espressamente indicati il termine previsto dalla legge o dai regolamenti e quello effettivamente impiegato.

 

 

 

1. Decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere al giudice amministrativo l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere.

 

2. L’azione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. È fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti.

 

3. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio quando:

  • si tratta di attività vincolata o
  • quando risulta che non ci sono ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e
  • non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione.

 

 

 

4. La domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni. La nullità dell’atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d’ufficio dal giudice. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle nullità di cui all’articolo 114, comma 4, lettera b), per le quali restano ferme le disposizioni del Titolo I del Libro IV.

 

 

 

1. Il ricorso avverso il silenzio è proposto, anche senza previa diffida, con atto notificato all'amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di cui all'articolo 31, comma 2 (un anno).

 

2. Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all'amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni.

 

3. Il giudice nomina, ove occorra, un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza della parte interessata.

 

4. Il giudice conosce di tutte le questioni relative all'esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario.

 

5. Se nel corso del giudizio sopravviene il provvedimento espresso, o un atto connesso con l'oggetto della controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento, e l'intero giudizio prosegue con tale rito.

 

6. Se l'azione di risarcimento del danno ai sensi dell'articolo 30, comma 4, è proposta congiuntamente a quella di cui al presente articolo, il giudice può definire con il rito camerale l'azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria.

 

6-bis. Le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6, si applicano anche ai giudizi di impugnazione.

 

 

 

1. L’azione di condanna può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma.

 

2. Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall’articolo 2058 del codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.

 

 

 

3. La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.

 

4. Per il risarcimento dell’eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di cui al comma 3 non decorre fintanto che perdura l’inadempimento. Il termine di cui al comma 3 inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere.

 

5. Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.

 

6. Di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo.

 

 

 

Tar Liguria Sezione 1, sentenza n. 46/19 pubblicata in data 21.01.2019, non appellata

(Un caso di annullamento del silenzio formatosi sull'avvio del provvedimento della Prefettura avente ad oggetto l'avvio del procedimento per il divieto di detenzione armi, munizioni e materie esplodenti nonché, ai sensi dell'art. 31, comma 1, c.p.a. per ottenere la condanna della Prefettura ad adottare i provvedimenti di competenza. Nonostante fossero trascorsi 11 mesi dalla comunicazione di avvio del procedimento volto all’emanazione del provvedimento di divieto di detenzione armi, munizioni e materie esplodenti nei confronti della Rezzano in data 5.12.2017, l’Amministrazione non aveva ancora emanato il provvedimento conclusivo in violazione degli artt. 2, l. n. 241 del 1990 e 97 Cost).

 

Tar Campania Sezione 5, sentenza n. 2859/15 del 30.04.2015, non appellata

(Un caso sulla declaratoria di illegittimità del silenzio-rifiuto sull’istanza diretta ad ottenere la revoca del decreto recante il divieto di detenere armi, munizioni e materie esplodenti ex art. 39 T.U.L.P.S. Il principio è questo: il divieto detenzione armi non può avere una durata illimitata, se viene chiesta la revoca l’amministrazione deve pronunciarsi e non può ignorare l’istanza di riesame. Dunque anche in questo campo esiste un vero e proprio obbligo giuridico per la PA di provvedere).

 

 

 

Se, per praticità, vuoi avere a disposizione uno schema che indichi le tempistiche dei singoli procedimenti in materia, puoi anche consultare la Circolare del Ministero dell’Interno D.P.S. del 13.05.2020 prot. 557/PAS/U/005144/12982/D (11).

 

 

 

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Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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