Che cos'è
La canna fumaria è un elemento costruttivo che serve al convogliamento dei fumi di combustione, dall'interno della camera di combustione verso l'esterno. Tradizionalmente è realizzata in mattoni o pietra legati con malta (fonte: Wikipedia).
La norme tecniche la suddividono in tre parti:
- canale da fumo,
- camino (la parte verticale),
- comignolo (la parte terminale della canna fumaria).
Come funziona
La canna fumaria, per funzionare bene, richiede un dimensionamento.
Così lo spiegherebbero progettisti e installatori; in pratica per funzionare a dovere la canna fumaria deve avere per forza avere alcuni accorgimenti, utili ad ottimizzare i 4 parametri indicati appresso:
- temperatura dei fumi (per le caldaie di adesso abbastanza bassa),
- altezza della canna fumaria, che aiuta nel tiraggio del camino,
- isolamento termico del camino, direttamente collegato alla temperatura dei fumi che, come detto sopra, deve essere mantenuta su determinati valori e non scendere troppo,
- resistenze localizzate: vanno ridotte le curve o i cambi di direzione.
Cosa dice la Cassazione sulla canna fumaria
La Suprema Corte pensa che, in linea di massima, la canna fumaria sia di per se pericolosa (Cass. sentenza n. 20357 del 24.08.2017).
Nelle pieghe di questa interessante pronuncia si leggono due principi di fondo: da una parte quello che sottolinea la valenza del regolamento per stabilire le distanze tra costruzioni, dall'altra quello che fa prevalere la tutela della salute sulle regole urbanistiche.
Il dossier arriva al tavolo della Cassazione dopo anni passati attraverso i due primi gradi della causa, dove i giudici danno ragione alle proprietarie dell'immobile a confine "danneggiato" dall'installazione della canna fumaria (danno arrecato ad opera del dirimpettaio in violazione delle distanze minime -3 metri). Il proprietario della canna fumaria non ci sta e porta il fascicolo appunto davanti la Corte.
E qui abbiamo un ragionamento interessante.
Per un primo aspetto della vicenda la proprietaria della canna fumaria pare che abbia ragione: nel caso specifico va applicata la normativa urbanistica più recente, favorevole alla proprietaria stessa e tale da impedire la demolizione.
Un altro aspetto del ragionamento riguarda la qualità dell'aria: in effetti, ammonisce la Corte, in questa materia vige la presunzione di pericolosità e nocività che prescinde da un accertamento concreto se c'è un regolamento comunale che segna la distanza minima e questa prescrizione non venga rispettata.
In pratica
Se manca il regolamento quella presunzione diventa relativa: tradotto questo significa che il proprietario deve dimostrare che, tramite specifici accorgimenti tecnici, il pericolo per il vicino può essere evitato.
Nel caso commentato la Corte di Appello viene chiamata a rivedere la sentenza sul punto, tenendo conto di questi principi.
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