Corte di Cassazione, sentenza n. 17238 del 22.08.2016
Il caso
La sentenza in commento ci da l’opportunità di fissare un’importante criterio, applicabile alla categoria del dipendente che intende muoversi in causa per rivendicare il risarcimento del danno non patrimoniale, nel caso egli abbia svolto il proprio lavoro oltre il sesto giorno consecutivo.
L’impostazione di questa particolare causa vuole che si faccia distinzione tra categorie di danno risarcibile.
In pratica, l’azione del lavoratore può avere come scopo la domanda di risarcimento del danno da usura psico-fisica, oppure la domanda per conseguire il ristoro di un danno alla salute o all’esplicazione delle attività realizzatrici della persona.
In tutti questi casi, chi agisce deve sempre provare la lesione al suo diritto, chiarendo il tipo di domanda proposta.
Il principio
In sintesi, quando il lavoratore chiede questo danno in causa, deve accertarsi di essere in grado di arrivare alla prova del danno.
Deve dimostrare quanto assume, spiegando per bene a quali voci, retributive o risarcitorie, sta facendo richiamo.
Ad esempio: se nella causa viene domandato il risarcimento di un danno da usura psico fisica oltre a danno morale per il fatto che si sono svolti turni di servizio in giorni festivi senza riposo compensativo, questa domanda è qualificata come risarcitoria e non come credito retributivo.
Il risultato è che se viene chiesta questa posta di danno, il dipendente non potrà pretendere di ricevere un quid come maggiorazione della retribuzione.
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