Partiamo dalla sentenza
Spunti molto interessanti arrivano dal Tar di Bari, sezione 2 (sentenza n. 956 del 12 settembre 2017) in tema di rinnovo dell’autorizzazione al porto di pistola per difesa personale.
Interessanti (e favorevoli per il ricorrente, in questo caso un medico) in quanto mettono in correlazione da una parte l’autorizzazione al porto con la pericolosità del territorio (foggiano), dall’altra il rischio specifico che corre il professionista.
- Il caso commentato ci riporta la vicenda di un medico, ma è evidente che le considerazioni tratte dall’analisi della sentenza, data la sua importanza, valgono per una più vasta generalità di casi.
Tornando un attimo indietro sulla 956/17, il ricorso per chiedere l'annullamento del decreto con cui il Prefetto di Foggia ha negato, per la seconda volta, il rinnovo dell'autorizzazione al porto di pistola, viene quindi accolto. Possiamo tranquillamente dire con motivazione sintetica, ma ineccepibile.
I motivi del diniego
Il Tar demolisce le motivazioni del diniego della Prefettura, incentrate per un verso su considerazioni di carattere generale legate ad una generica valutazione della pericolosità del territorio e, per altro verso, alla presunta assenza di elementi concreti sintomatici del rischio legato all'attività concretamente svolta dal ricorrente.
La pericolosità territoriale
In prima battuta, dice il Collegio di giudici, il diniego omette di prendere in esame la situazione di pericolosità conclamata in cui versa, in generale, il territorio foggiano che risulta -dalle notizie di cronaca e dai comunicati delle Autorità di polizia- ad alta pericolosità.
Il rischio specifico
Poi, continua il Tar, non si fa carico del rischio specifico cui sono esposti i medici come categoria, come attestato dalla campagna di sensibilizzazione lanciata dall'ordine professionale nelle principali città italiane mediante l'apposizione di maxi poster contro la violenza sui medici e, in particolare, il rischio cui sono esposti i medici che svolgono incarichi di consulenti tecnici d'ufficio.
L’organizzazione dell’attività professionale
Inoltre, quanto alla presunta libertà di scelta del medico nell'organizzazione delle visite domiciliari, il Tar conferma che la valutazione sulla necessità o meno di un intervento immediato è rimessa al medico non già sulla base dei suoi impegni professionali o preferenze organizzative, bensì in considerazione dei sintomi descritti dal paziente e, quindi, dal tipo di gravità della patologia che si sospetta o che -addirittura- il medico conosce in base alla storia clinica del paziente.
Tanto più che le visite domiciliari rientrano nei precisi doveri del medico di base nelle fasce orarie non coperte dalla guardia medica, operativa nei giorni feriali dalle 20,00 alle 8,00 e non operativa nei giorni festivi e pre-festivi (fermo restando che, nel distretto in cui esercita l'odierno ricorrente sono ricompresi molti pazienti residenti nei diversi poderi, talora raggiungibili solo mediante percorsi non dotati di pubblica illuminazione).
L’assenza di abuso dell’arma
Infine, non può trascurarsi che si tratta di rinnovo e non già di primo rilascio, sicché si sarebbero dovuti valorizzare eventuali sopravvenuti cambiamenti nelle condizioni dell'interessato; ciò che non è stato, se si esclude il riferimento all'assenza di abusi in 20 anni che -evidentemente- avrebbe dovuto deporre in favore del rinnovo e non già del diniego.
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Per approfondimenti, vedi anche
Armi: come funziona il potere di rilasciare licenze
Come evitare revoca licenza armi
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