Nel caso in cui l’istanza non venisse accolta, il consiglio sarà di notificare un ricorso facendo leva sulla giurisprudenza del 2016-2017, in particolare tenendo a mente la sentenza del Tar Salerno sezione 1 n. 1089 del 21.06.2017.
Questa pronuncia, infatti, mette bene in evidenza i due fondamentali principi che devono orientare Ministero e Questura e che, se non vengono seguiti, porteranno in un secondo momento all’annullamento dell’atto e alla vittoria della causa per l’interessato.
Prima quindi di passare ad illustrare il caso concreto, focalizziamo subito questi due principi.
Primo principio
- "l'art. 43, primo comma, del testo unico approvato con il regio decreto n. 773 del 1931 preclude il rilascio di licenze di porto d'armi (e impone la revoca di quelle già rilasciate), nei confronti di chi sia stato condannato per uno dei reati indicati dal medesimo primo comma, in particolare:
1) alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per
2) furto,
3) rapina,
4) estorsione,
5) sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione,
6) o a una pena restrittiva della libertà personale per violenza
7) o resistenza all'autorità
8) o per delitti contro la personalità dello Stato
9) o contro l'ordine pubblico, anche nel caso in cui egli abbia ottenuto la riabilitazione.
Secondo principio, quello che qui ci interessa più da vicino
"l'autorità amministrativa non deve disporre senz'altro la revoca (prevista dal primo comma dell'art. 43, primo comma, del testo unico del 1931) della già rilasciata licenza, ma può valutare le relative circostanze ai fini dell'esercizio del potere discrezionale (previsto dal secondo comma dell'art. 43), se il giudice penale abbia disposto la condanna al pagamento della pena pecuniaria - in luogo della reclusione - ai sensi degli articoli 53 e 57 L. 689/81, ovvero abbia escluso la punibilità per tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131 bis c.p., nel caso di commissione di un reato di per sé ostativo al rilascio o al mantenimento di licenze di portare le armi.
In pratica, giocano un ruolo fondamentale nella valutazione amministrativa i due fattori:
A) condanna alla pena pecuniaria in luogo della reclusione,
B) esclusione della punibilità per tenuità del fatto.
E’ proprio su questi due parametri, e solo su questi due, che bisogna orientarsi.
Il caso
Spostando ora l’attenzione sulla vicenda concreta, diamo rapidamente conto di che cosa è accaduto, per poi passare alle conclusioni favorevoli per il ricorrente.
La persona interessata ricorre per l'annullamento:
- del decreto del Questore con il quale non è stata accolta l'istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile per tiro a volo
- della nota della Questura con la quale sono stati comunicati i motivi ostativi al rinnovo.
La parte privata è già titolare di numerose autorizzazioni amministrative inerenti l'uso e la detenzione di armi e munizioni (tra cui il porto d'armi per difesa personale ed il porto d'armi per il tiro a volo), regolarmente rinnovate alle scadenze previste.
Impugna l'atto in quanto lesivo del proprio interesse alla vigenza del titolo autorizzatorio in questione.
Il provvedimento inibitorio è stato adottato a seguito della constatazione della condanna a carico del ricorrente per il reato di lesione personale disposta con sentenza del Tribunale del 10.1.2003 con dichiarazione di estinzione del reato in data successiva nel 2011.
In particolare:
vista la tenuità del fatto contestato, la condanna è stata convertita in pena pecuniaria (regolarmente pagata nel 2005);
il Tribunale nel 28.9.2011 ha dichiarato l'estinzione del reato;
il fatto-reato contestato risale a circa 17 anni fa e che da allora il ricorrente ha avuto una condotta irreprensibile;
A questo punto, un episodio importante che sfugge all’Amministrazione: uno schiaffo!
Il Giudice penale, nel pronunciare la sentenza di condanna ha ritenuto di esercitare la facoltà di convertire la pena detentiva in pena pecuniaria, secondo quanto statuito dall'art. 53 L. 689/81, attesa la particolare tenuità del fatto contestato (uno schiaffo al volto, che cagionava alla persona offesa una lievissima lesione personale, guaribile in tre giorni!).
Nel caso commentato, siamo proprio in presenza di una di quelle fattispecie in cui la pena restrittiva della libertà personale è stata sostituita, ai sensi dell'art. 53, dalla pena pecuniaria e pertanto di una di quelle ipotesi in cui l'automatismo ostativo di cui all'art. 43 T.U.L.P.S. recede ed è sostituito da una valutazione discrezionale dell'Amministrazione che non può non attribuire rilevanza al fatto che
- si tratti di condanna risalente (in particolare al 1994),
- all'estinzione del reato (equiparabile alla riabilitazione),
- ed al lungo periodo in cui al ricorrente è stato riconosciuto il titolo, successivamente all'intervento della condanna.
Tutte valutazioni che sono assenti dal testo del provvedimento, che si limita a concludere (in questo caso, sbagliando) per l'automatismo preclusivo della previsione di cui all'art. 43 del T.U.L.P.S.
Conclusioni
L’atto viene annullato dal Tribunale e il ricorrente vince la causa.
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