Affidabilità nella detenzione armi: quando si considera “ridotta”?
Quando l’Autorità nutre il ragionevole sospetto (desunto anche da elementi indiziari, non necessariamente di rilevanza penale) che la persona di cui si parla non dà più pieno affidamento.
Ma andiamo a vedere come si applica, in concreto, questo importante parametro di valutazione e, soprattutto, come l’interessato può reagire ad eventuali giudizi sbagliati sull’affidabilità provenienti dal Ministero dell’Interno e dai propri Organi periferici (Prefettura e Questura).
Quando non c’è l’affidamento?
Per considerare eroso l’affidamento, teniamo sempre presente che non è necessario che vi siano stati episodi di abuso effettivo delle armi o di trascuratezza nella loro custodia.
E’ sufficiente il semplice rischio di tale abuso ed hanno una rilevanza anche le manifestazioni di aggressività verso le persone, seppure senza l'impiego di armi.
Per esempio: possiamo pensare alle manifestazioni di scarso equilibrio, scarsa capacità di autocontrollo oppure la vicinanza ad ambienti della criminalità organizzata.
Come si valuta l’affidamento in relazione a reati?
Se è vero quanto detto prima in termini di astratta affidabilità, altra cosa da tenere in debito conto è che non sempre ci si trova nelle situazioni meglio note come “ostative”.
Ma di che cosa parliamo?
In pratica, si vuole solo dire che spesso non ricorrono i presupposti per l’applicazione delle ipotesi ostative contemplate nell’art. 11 e nell’art. 43 TULPS, in quanto l’eventuale condanna penale riportata non riguarda, ad esempio, i reati indicati come fattispecie automaticamente ostative al rilascio del porto di armi.
Pensiamo alla frode fiscale, ma gli esempi potrebbero essere molti.
Come reagire sulle valutazioni sbagliate dell’autorità?
Quindi, se i reati eventualmente addebitati all'interessato non significano niente in termini di pericolo di abuso delle armi, un diniego di rinnovo del permesso di detenerle per uso caccia risulterebbe carente di adeguata motivazione.
Ecco, questi sono tutti casi dove è bene che l’interessato valuti la presentazione di un ricorso.
Il Prefetto potrebbe, ad esempio, non aver illustrato il percorso logico-giuridico attraverso il quale il progetto illecito (per restare sull’esempio della frode fiscale) viene alla fine assunto come un elemento indiziario della ridotta affidabilità per la detenzione di armi.
In pratica
Sopra ci siamo mossi con esempi.
In generale diciamo che tutte le volte in cui la persona interessata si trovi di fronte a valutazioni amministrative laconiche e superficiali (esempio: il signor Mario Rossi non offre sufficienti garanzie di affidabilità di non abusare delle armi detenute), ecco: in tutti quei casi certamente il divieto di detenzione armi è criticabile con il ricorso.
Infine, volendo avere un appiglio giurisprudenziale qualificato, chi si dovesse trovare in questa situazione potrà richiamare -tra le altre- la sentenza del Consiglio di Stato Sezione Terza n. 3092/16.
Altre informazioni su questo argomento?
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