Stampa questa pagina
Sabato, 25 Agosto 2018 15:19

Armi art 43 tulps

Scritto da

 

Armi: art 43 tulps

 

La questione

Soffermiamoci un attimo sulla questione dell’istanza respinta per il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia, in presenza di vecchie condanne.

Ebbene: già un anno fa (oggi ancora di più) ero e sono fermamente convinto che l’Amministrazione non possa considerare le condanne della persona che chiede il rinnovo come se fossero immodificabili nel tempo e, in ultima analisi, come se fossero una croce che si porta sulle spalle in eterno.

Se fosse così, ci troveremmo di fronte ad una soggezione perpetua che, in questo come in altri campi dell’esperienza giuridica, è assolutamente estranea all’ordinamento.

Diciamocelo in tutta sincerità: urta la sensibilità comune che, dopo decenni di buona condotta (attestata dalla riabilitazione) un cittadino non possa presentarsi dinnanzi all’Amministrazione in condizioni di parità con gli altri cittadini incensurati, sia pure per accedere ad un titolo abilitativo al porto d’armi.

In altri termini: se fosse consentita alla P.A. sempre e comunque (e, dunque, senza badare all’evoluzione d’ogni singola vicenda), una motivazione di rigetto completamente fuori dalla realtà attuale condizionata da condotte risalenti ad un passato remoto e non più riprodotto, la norma risulterebbe irragionevole e di dubbia legittimità costituzionale.

La questione è seria e delicata; non a caso se ne dibatte tutti i giorni e se ne interessa tanto il Parlamento (vedi l’ultima proposta di Legge d’iniziativa di Deputati:

PROPOSTA DI LEGGE

Modifica all'art. 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS)

ART. 1.

            All'art. 43 del R.D. 18 giugno 1931, n.773 (Testo Unico di Pubblica Sicurezza) è aggiunto il seguente comma:

            La licenza di porto d'armi può essere concessa ai soggetti condannati per i reati di cui alle lettere a), b) e c) che precedono, per i quali sia intervenuta sentenza di riabilitazione ai sensi dell'art. 178 del codice di procedura penale. A tal fine, l'Amministrazione competente procede all'accertamento del possesso degli ulteriori requisiti oggettivi e soggettivi necessari per il relativo rilascio)

quanto la Corte Costituzionale.

Di fronte a tanto, sono arrivato a pensare che tutto questo gran parlare attuale dell’art. 43 tulps distoglie dal nodo della questione e dalla soluzione a portata di mano, dal momento che basta semplicemente tener presente una sentenza ben scritta e soprattutto non appellata.

In effetti l’11 gennaio 2018 i Magistrati Domenico Giordano, Silvana Bini e Roberta Ravasio del Tar Torino hanno depositato la storica sentenza n. 69/18, mai appellata dal Ministero, con la quale è stata frantumata la tesi del Ministero dell’Interno e della Questura di Cuneo in ordine al negato rinnovo della licenza di porto d’armi per uso caccia, vista una condanna del ricorrente riportata nel 1979 per reati di furto continuato e porto illegale di armi in concorso (nella motivazione del decreto si precisava che, nonostante la pronuncia di riabilitazione sopravvenuta nel 1985, la condanna per i reati indicati all’art. 43 T.U.L.P.S. è ostativa ex lege al rilascio della licenza di porto d’armi, senza lasciare all’amministrazione alcuna possibilità di deroga o di valutazione discrezionale).

 

La causa

Nel caso trattato, il Questore ha negato il rinnovo della licenza di porto d’armi per uso caccia, in ragione della condanna riportata dalla persona interessata nel 1979 per i reati di furto continuato e porto illegale di armi in concorso.

Come sopra già brevemente anticipato, nella motivazione del decreto si precisa che nonostante la pronuncia di riabilitazione sopravvenuta nel 1985, la condanna per i reati indicati all’art. 43 T.U.L.P.S. è ostativa al rilascio della licenza di porto d’armi, senza lasciare all’amministrazione alcuna possibilità di deroga o di valutazione discrezionale.

Il ricorrente, per parte sua, contesta l’interpretazione contenuta nel decreto per vari profili di violazione di legge e di eccesso di potere, deducendo l’illogicità e la contraddittorietà del provvedimento rispetto a precedenti determinazioni della stessa amministrazione, sostenendo che dalla condanna episodica e risalente a circa 40 anni fa non possa farsi derivare un automatico giudizio di inaffidabilità del richiedente la licenza, senza considerare il provvedimento di riabilitazione e la successiva condotta irreprensibile del ricorrente, elementi questi che escludono una sua attuale pericolosità sociale e inaffidabilità nell’uso delle armi.

 

La sentenza

Il ricorrente vince la causa; la sentenza non viene appellata dal Ministero dell’Interno.

Il Tar da atto dei difformi orientamenti espressi in tema di interpretazione dell’art. 43 T.U.L.P.S.  

In una prima pronuncia il Consiglio di Stato ha affermato che la condanna per uno dei reati indicati all’art. 43 primo comma lettere a) b) c) genera una preclusione assoluta a essere titolare di un’autorizzazione al porto di arma e vincola l’Amministrazione a negare o revocare il porto dell’arma. Si tratta di speciale incapacità ex lege al rilascio o al rinnovo, tale da non poter essere superata  dalla riabilitazione dell’interessato.  

Nella pronuncia successiva, il Giudice di appello ha sostenuto che l’applicazione dell’art 43 TULPS non possa avvenire in violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzione di rango costituzionale e che debba essere privilegiata un’interpretazione della norma conforme ai principi costituzionali, con la conseguenza che l’Amministrazione, nel compiere la propria complessiva valutazione in ordine alla affidabilità nel possesso di armi, non possa non tener conto anche della sussistenza di altri elementi, che denotano favorevolmente la personalità dell’interessato con carattere di attualità.

Ciò comporta che la preclusione prevista dall’art 43 TULPS per il possesso di armi e munizioni in capo ai soggetti, che abbiano subito le indicate tipologie di condanne, non possa essere automatica, se altri elementi attuali della personalità dell’interessato, quale il lungo tempo intercorso rispetto all’epoca del commesso reato senza la commissione di ulteriori illeciti penali (corroborato nelle sue positive implicazioni dalla intervenuta riabilitazione), depongano per lo stabile ripristino in capo al soggetto medesimo delle richieste condizioni di affidabilità nel possesso di armi.

Ebbene il Tar Torino, ritiene di non poter condividere l’interpretazione che nega alla riabilitazione intervenuta per i reati indicati all’art. 43 TULPS l’effetto della “incapacità ex lege” ad essere titolare di un’autorizzazione al porto di arma e di dover ribadire il proprio convincimento che la P.A. non può considerare le condanne come se fossero un fatto preclusivo immodificabile.

Difatti, la valutazione dell’amministrazione deve ancorarsi a vicende che, per la loro collocazione temporale, esprimano con concretezza ed attualità l’inaffidabilità della persona che ha chiesto il rilascio di un titolo in materia di armi.

Qui va fatta una precisazione.

Non può negarsi che l’amministrazione abbia la possibilità di trarre argomenti prognostici negativi anche quando, pur non rientrando il reato fra quelli che per la loro consumazione richiedono necessariamente l’uso delle armi, lo stesso appaia indice di una personalità incline al disprezzo di beni di elevata importanza per la collettività.

Nel caso trattato tuttavia, i citati presupposti non ricorrono.

Difatti, la risalenza e l’episodicità della condotta criminosa accertata, la giovane età del ricorrente al tempo dell’accaduto, la tenuità delle conseguenze penali, sono tutte circostanze che non incrinano indefinitamente l’immagine di affidabilità dell’istante.

Anche qualora si volesse ritenere che l’art. 43, in deroga a quanto stabilisce l’art. 11 non abbia voluto far salvi gli effetti della riabilitazione, ritiene il Tar che della norma, adottata in un contesto ordinamentale ed istituzionale assolutamente distante dal quadro di valori democratici, personalistici e di rieducazione del condannato consacrati nella Carta Costituzionale, si imponga una lettura evolutiva.

La coerenza della Legge allora impone all’amministrazione quanto meno di procedere ad una prognosi concreta che tenga conto del tempo trascorso e della condotta tenuta successivamente al fatto di reato, fermo restando che in linea generale non possono compiersi apprezzamenti negativi in presenza di un solo episodio ostativo mai più ripetuto.

 

In pratica

La Legge è talmente complessa ed articolata che offre già la maggior parte delle soluzioni ai problemi giuridici.

Basta volerle vedere.

Anche le sentenze, come abbiamo visto, quando ben scritte concorrono all’identificazione delle soluzioni ragionate ai problemi.

Specie quando non vengono appellate dal Ministero.

In conclusione, non è sufficiente per l’Amministrazione invocare la remota condanna.

Occorre piuttosto procedere ad una concreta prognosi che tenga conto di tale evento, ma pure della condotta tenuta dall’interessato nell’ampio lasso di tempo successivo al fatto, nonché della circostanza che in tutti gli anni successivi non si sono verificati episodi che possono costituire indici d’attuale pericolosità ed inaffidabilità.

 

Altre informazioni su questo argomento?

Contatta l’Avv. Francesco Pandolfi

3286090590

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Letto 10504 volte Ultima modifica il Sabato, 25 Agosto 2018 15:37
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

 whatsapp  WhatsApp
 skype  Skype
linkedin Linkedin
   

 

Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

www.miaconsulenza.it

Informazioni e recapiti

  • Indirizzo
    Via Giacomo Matteotti, 147
  • Città
    Priverno (LT)
  • Provincia
    Latina
  • CAP
    04015
  • Nazione
    Italy
  • Telefono
    +39.0773487345
  • Mobile
    +39.3292767858

2 commenti

  • Link al commento Francesco Pandolfi Mercoledì, 29 Agosto 2018 12:10 inviato da Francesco Pandolfi

    Salve, bisognerebbe esaminare la sua documentazione per capirlo....se ha bisogno sono a sua disposizione, invii pure il tutto sulla mail avvfrancesco.pandolfi66@gmail.com

  • Link al commento Salvatore Lunedì, 27 Agosto 2018 08:44 inviato da Salvatore

    E esatamente il mio caso ma non capisco perche la questura di cagliari continui a ignorare questa sentenza e dire no al rinnovo. Infine, lei pensa che abbia diritto oppure no?