Porto d’armi per difesa personale
Il Ministero, ogni tanto, fa finta di niente!
Scopriamo come è possibile arrivare ad ottenere un riesame del diniego sul rinnovo della licenza di porto d’armi per difesa personale, anche quando il Ministero… fa finta di non dover far niente.
Cosa fare allora se il Ministero dell’Interno fa orecchie da mercante su un’ordinanza cautelare del Tar, favorevole per il ricorrente, che però rimane ineseguita?
Beh, la soluzione è la seguente.
Bisogna riportare la questione davanti la magistratura e insistere per la nomina di un Commissario ad acta, il quale provvederà a fare ciò che l’amministrazione condannata non ha fatto o ritiene di non poter o voler fare.
Sembra incredibile, eppure nell’intricato mondo giuridico del diritto delle armi succede anche questo.
Non solo l’interessato è costretto a rivolgersi ai giudici per far valere un suo sacrosanto diritto/interesse (risolvere la sua questione sul diniego del rinnovo della licenza di porto d’armi per difesa personale), ma deve scrivere il suo ricorso in modo accurato, così che la Magistratura comprenda il suo problema e lo aiuti a risolverlo.
Il caso
La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha pubblicato l’Ordinanza n. 3817/2018 del 23 agosto 2018, molto importante in quanto favorevole alla persona interessata in materia di rinnovo della licenza di porto d’armi per difesa personale.
Andiamo dunque a curiosare un po’ tra le pieghe di questo utile provvedimento.
Per facilitare la lettura dei singoli passaggi della decisione, li dividerò in sottoparagrafi.
Prima fase
Con ordinanza n. 1491/2018, la Sezione ha accolto la domanda cautelare proposta dall’appellante, ai fini del riesame della richiesta di rinnovo del porto d’arma, alla luce della motivazione - secondo la quale “Considerato che l’appellante, come documentato in atti, svolge attività di avvocato da lunghissimo tempo ed il suo studio opera in un contesto territoriale caratterizzato da articolato tessuto criminale; Rilevato che le dichiarazioni dell’appellante, relative alla difesa in vicende di beni sequestrati, collaboratori e testimoni di giustizia, non potendo il difensore comunicare nomi ed elementi identificativi di tali casi trattati e clienti assistiti, ben avrebbero potuto e dovuto – ai fini del diniego – essere verificate con gli strumenti che certo le autorità di sicurezza pubblica possiedono;”.
Seconda fase
L’appellante ha presentato istanza di esecuzione della misura cautelare chiedendo la nomina di un commissario ad acta;
La Prefettura ha adottato però un nuovo provvedimento di diniego, in realtà un vero e proprio rifiuto di esecuzione del provvedimento cautelare.
In assenza di specifiche difese dell’Amministrazione, essa con il nuovo provvedimento non mostra di aver compreso e considerato in modo adeguato quanto indicato nell’ordinanza n. 1491/2018, posto che - dopo aver sottolineato che “questa Prefettura non è legittimata ad entrare autonomamente in possesso di atti e documenti nella disponibilità delle Forze dell’ordine e dell’Autorità giudiziaria … e pertanto è solo ed esclusivamente sugli atti trasmessi dagli organi competenti, previa esplicita richiesta, che l’Amministrazione procedente può legittimamente fondare il proprio giudizio (oltre che, ovviamente, sugli atti e documenti prodotti dall’istante);” - non tiene conto che con la predetta ordinanza è stato affermato l’onere dell’Amministrazione di acquisire d’ufficio, se del caso effettuando le opportune richieste formali (in primis, nei confronti del Servizio Centrale di protezione testimoni e collaboratori di Giustizia), le informazioni necessarie ad una adeguata valutazione della domanda di rinnovo.
Terza fase
Il Consiglio di Stato ritiene che sono inequivocabili gli adempimenti che l’Amministrazione deve porre in essere per riscontrare adeguatamente la domanda dell’interessato.
Pertanto, ritiene di dover assegnare al Prefetto l’ulteriore termine di trenta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza per acquisire le informazioni necessarie e provvedere al riesame della domanda di rinnovo, e di dover nominare fin d’ora, per l’ipotesi di infruttuoso decorso del termine predetto, un commissario ad acta, affinché, su richiesta dell’appellante, provveda in via sostitutiva al riesame, entro l’ulteriore termine di trenta giorni dalla richiesta.
In pratica
Il Consiglio di Stato accoglie la domanda di esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 1491/2018 e:
assegna al Prefetto di Napoli l’ulteriore termine di trenta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza per acquisire le informazioni necessarie e provvedere al riesame della domanda di rinnovo della licenza di porto d’armi per difesa personale presentata dall’appellante;
nomina un commissario ad acta affinché, in caso di infruttuoso decorso del suddetto termine, provveda in via sostitutiva al riesame entro l’ulteriore termine di trenta giorni dalla richiesta.
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