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Domenica, 21 Luglio 2019 08:36

Sberla minacciata e denuncia in caserma: effetti sul porto d’armi

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Buongiorno avvocato, una domanda: un mio amico cacciatore si è separato dalla moglie e hanno avuto problemi con litigi e quanto altro, tanto che un giorno lei è andata a casa del padre del mio amico, dove abita tutt’ora il mio amico, li ha detto: se non te ne vai dalla casa di mio padre e la finisci di gridare ti do una sberla. Lei che ha fatto? E’ andata in caserma, ha fatto denuncia e e subito hanno preso i fucili e il porto d’armi. Adesso è da tre anni che fa ricorsi, ma niente ancora. Ha possibilità di riavere il porto d’armi, oppure come si può muovere.

Grazie.

 

 

Il quesito posto è un po’ una domanda fine a se’ stessa, in quanto il lettore si limita a proporre una questione abbastanza generica senza inviare allo studio la documentazione del caso specifico (atti, ricorsi, sentenze, provvedimenti amministrativi ecc…) che, a ben vedere, dovrebbe essere esaminata per poter esprimere un parere di senso compiuto e, soprattutto, utile per indirizzare l’assistito verso le eventuali azioni ritenute più idonee nel suo caso.

Ci si può pertanto limitare ad alcune considerazioni generali ad ampio spettro, prendendo proprio spunto dalla domanda posta genericamente.

 

 

I principi generali

Sappiamo bene che, in generale, il porto d'armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, piuttosto, un'eccezione al normale divieto di portare armi; tale eccezione può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la completa e perfetta sicurezza circa il "buon uso" delle armi stesse (necessariamente anche con l'impiego di un'estrema prudenza), in modo tale da evitare qualsiasi dubbio o perplessità sotto il profilo dell'ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività, dovendo essere garantita anche, e prima di tutto, l'intera restante massa dei consociati (che si è adeguata alla regola generale e che, quindi, è priva di armi) sull'assenza di pregiudizi di ogni genere quanto alla loro incolumità.

L’Autorità di P.S. ha un potere ampiamente discrezionale nella valutazione delle condizioni la cui sussistenza giustifica l'esercizio del potere di vietare la detenzione, proprio in conformità al richiamato indirizzo della giurisprudenza secondo cui il porto d'armi non è un diritto del cittadino, ma un'eccezione al generale divieto imposto ai cittadini sia di detenere che di usare armi. 

In questo quadro generale, non ha tanta importanza l'eventuale esistenza di un qualsiasi precedente penale, né la mera pendenza di un procedimento, quali elementi automaticamente ostativi al porto e/o alla detenzione di armi.

 

 

Che cosa è importante

Piuttosto hanno importanza i singoli fatti che possono emergere da una vicenda suscettibile, o meno, di risvolti penali e che possono essere apprezzati dall'Autorità con un giudizio ampiamente discrezionale, salvo il controllo di legittimità per eventuali vizi derivanti da errore di fatto, difetto di istruttoria o di motivazione, illogicità o manifesta irragionevolezza.

Ora, dalla natura squisitamente cautelare del potere esercitato consegue che non è necessario che sia data la prova del pericolo immediato di abuso, essendo sufficiente un giudizio - basato però su elementi accertati e verificabili - circa la non completa affidabilità del soggetto che richiede il rilascio del titolo, o che contesti un eventuale divieto di detenzione o un qualsiasi altro provvedimento amministrativo di tipo negativo.

 

 

Come dire che una persona è affidabile

In generale i tribunali possono anche non negare che un episodio problematico concorra alla valutazione negativa circa l'affidabilità del ricorrente.

Tuttavia, tenga presente il lettore che la valutazione di affidabilità costituisce l'esito di un sintetico giudizio valutativo che deve investire la condotta di vita del soggetto interessato, nel suo insieme, non essendo sufficiente la pendenza di un procedimento penale.

In pratica: l’onere motivazionale deve essere sempre assolto dall’amministrazione in punto di pericolosità ed inaffidabilità della persona, in quanto è alla base del giudizio prognostico.

 

 

In pratica

Se mancasse dunque una chiara motivazione su questo fronte, la persona interessata potrà difendersi, fino ad insistere in causa per chiedere l’annullamento del provvedimento amministrativo.

 

 

Altre informazioni?

Avv. Francesco Pandolfi

3286090590

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Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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