Il provvedimento del Prefetto di divieto detenzione armi deve sempre essere proporzionato e contenere un giudizio prognostico basato sulla personalità intera del soggetto.
Ciò è essenziale, soprattutto in quei casi dove a base del provvedimento stesso ci sia un evento accidentale, che magari abbia prodotto effetti lesivi lievi o lievissimi e, comunque, in occasione dello stesso la condotta della persona interessata sia stata corretta e responsabile.
Per fare un esempio, pensiamo al caso dell’incidente di caccia involontario.
In questa situazione la prefettura non può arrivare ad adottare un divieto che, alla fine, finisce per essere sproporzionato rispetto al fatto da valutare, soprattutto se si parla di una persona che, pur avendo causato un incidente, in precedenza è sempre stata ligia al dovere e rispettosa delle rigorose norme scolpite nel Testo Unico.
Indice
la mancanza della valutazione della personalità
La Sezione Prima del Tar per la Sicilia, con la sentenza n. 367 pubblicata il 12.02.2018 si è occupata in modo puntuale della questione.
La persona interessata è titolare di licenza di porto fucile uso caccia; ad un certo punto viene avviato dalla Questura il procedimento per l’emissione del decreto di revoca di porto di fucile, a seguito di un incidente di caccia nel quale rimane coinvolto in veste di feritore.
Quale ulteriore motivo di revoca, l’Autorità di Polizia afferma poi che da un controllo sul territorio risultano sue frequentazioni con persone sottoposte a misure di sorveglianza.
Comunque, per quanto attiene all’incidente, nel corso di una battuta di caccia l’interessato esplode un colpo con il proprio fucile, mirando a un colombaccio che volava ad un’altezza di circa 3 metri da terra, colpendo però un altro cacciatore distante circa 90 metri di fronte a lui che, prontamente, il responsabile soccorre accompagnandolo al Pronto Soccorso.
Alla persona ferita vengono diagnosticate: “ferite puntiforme da pallini da caccia, al capo, labbro sup.dx, addome, braccia ed arti inferiori”.
Nel ricorso amministrativo, l’interessato afferma di essere incensurato e di tenere un comportamento di vita esente da emende; nel corso di tanti anni ha goduto della licenza di porto d’armi, non è mai incorso in altri incidenti di caccia. Dichiara di avere agito, in occasione dell’incidente di caccia occorsogli, con correttezza e senso di responsabilità, avendo immediatamente soccorso il ferito e avendolo poi accompagnato in ospedale; lì i sanitari non hanno rilevato lesioni fisiche evidenti se non alcuni superficiali graffi, causati dalla caduta di pallini di piombo contenuti all’interno delle cartucce. In più dichiara e documenta di essere provvisto di copertura assicurativa per responsabilità civile in dipendenza da incidenti di caccia e di avere prontamente attivato la compagnia assicuratrice per il risarcimento in favore del ferito: si tratta, in sostanza, di lesioni personali lievi, al limite perseguibili soltanto a querela di parte.
In effetti, a questo proposito, il procedimento penale aperto a suo carico viene subito archiviato proprio per la mancata querela della persona offesa, la quale ritiene l’occorso dipendente da caso fortuito.
Ebbene il Tar, pur non convinto della tesi difensiva prospettata dall’interessato responsabile del sinistro, da una parte afferma che il provvedimento della Questura può essere giustificato per tutta una serie di ragioni meglio viste nel corpo della pronuncia, mentre non si può ritenere giustificato o proporzionato il coevo divieto detenzione armi adottato dalla Prefettura.
Vediamo perchè.
Dice il Tar: ai fini dell'applicazione dell'art. 39 T.U.L.P.S. si richiede il ragionevole sospetto (desunto anche da elementi indiziari, non necessariamente di rilevanza penale) che il soggetto non dia pieno affidamento di non abusare delle armi.
Non è, dunque, necessario che vi siano stati episodi di abuso effettivo delle armi ovvero di trascuratezza nella loro custodia, essendo sufficiente il mero rischio di tale abuso, mentre sono certamente rilevanti anche le manifestazioni di aggressività verso le persone, seppure senza l'impiego di armi; ovvero manifestazioni di scarso equilibrio, scarsa capacità di autocontrollo oppure la vicinanza ad ambienti della criminalità organizzata.
La mancanza della valutazione della personalità
Ora, diversamente da quanto ritenuto per la revoca della licenza di porto di fucile uso caccia - dove l’Amministrazione ha insindacabilmente valorizzato la gravità del rischio creato, piuttosto che la tenuità del danno causato – non ritiene che la medesima motivazione sia invece di per sé idonea a giustificare il divieto di detenzione dell’arma adottato dal Prefetto, che non pare rispettare il principio di proporzionalità ove si consideri che - pur avuto riguardo all’ampia discrezionalità riservata all’Autorità amministrativa - difetta un giudizio prognostico basato sulla valutazione della personalità del soggetto interessato (incensurato, esente da mende e da molti anni titolare di porto d’armi) a fronte di un evento accidentale posto a base del provvedimento che, per le concrete modalità di accadimento, per la lievità degli effetti lesivi prodotti e per la condotta responsabile complessivamente tenuta dal ricorrente, non giustifica da solo il divieto di detenzione dell’arma ove non sorretta da ulteriori motivi, in atti non presenti.
Viene accolto il ricorso per motivi aggiunti (per difetto di motivazione) proposto avverso il decreto prefettizio di divieto di detenere armi.
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