Non tutti i fatti penalmente rilevanti sono ugualmente significativi ai fini del giudizio sulla possibilità di abuso delle armi.
Infatti:
(a) se parliamo di reati commessi proprio mediante l’uso o l’abuso delle armi, l’inaffidabilità della persona emerge in tutta la sua evidenza: in un caso del genere il divieto di detenzione delle armi non richiede alcuna particolare motivazione;
(b) – in un altro gruppo di casi, pur mancando una diretta relazione con l’uso delle armi si potrà sostenere che taluni reati siano rilevanti ai fini del divieto, in quanto segnalano una personalità portata alla violenza fisica contro le persone;
(c) – mentre, per tutti quei reati nei quali non solo manca l’impiego delle armi, ma che neppure danno alcuna indicazione indiretta riguardo ad una possibile propensione all’abuso delle medesime, la possibilità di trarne elementi di valutazione ai fini del divieto, se non è esclusa in radice, quanto meno è remota e legata a particolari contingenze, che in ogni caso devono essere esplicitate nella motivazione del provvedimento amministrativo.
L’importante criterio è stato riaffermato dal Consiglio di Stato, Sez. III, 21 aprile 2015, con sentenza n. 2009; la sentenza ultima che lo ha espressamente riproposto è la n. 2838 del 03.12.2019, pubblicata dalla Terza Sezione del Tar per la Sicilia in data 09.12.2019.
Indice
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Nel caso pratico, la Questura nega l’istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile uso caccia presentata dall’interessato.
Il ricorso viene impostato su due differenti critiche; la prima verte sul presupposto che il diniego è in parte diverso da quello indicato nella comunicazione di avvio del relativo procedimento, mentre la seconda sul fatto che i procedimenti penali indicati dalla Questura non riguardano episodi di violenza, o fatti idonei a far ritenere che il ricorrente possa essere ritenuto pericoloso o, comunque, capace di abusare delle armi.
Questo, in sintesi, l’antefatto del ricorso.
Il Tar ritiene fondato il primo motivo, con il quale il ricorrente si lamenta della violazione delle garanzie partecipative.
Dice infatti il Tribunale che, al fine di rendere effettiva la partecipazione al procedimento, è necessario che l’Amministrazione esponga al destinatario le ragioni che costituiranno il tessuto motivazionale del provvedimento finale; non potendo, di norma, adottare tale atto sulla base di ragioni non esposte chiaramente prima.
Nel caso trattato, i Giudici hanno notato che la comunicazione di avvio del procedimento, inviata dalla Questura al ricorrente, faceva riferimento alla pendenza di un procedimento penale per i reati di cui agli articoli 483 e 640 bis c.p., pare commessi negli anni compresi dal xxxx0 al xxxx4; e, sebbene tale motivazione sia stata riprodotta nel provvedimento impugnato, in tale atto si fa anche riferimento a un’altra circostanza, non indicata nella comunicazione di avvio, relativa alla segnalazione della Guardia di Finanza del xx xxxxx xxxx3 a carico del ricorrente, nella qualità di legale rappresentante di un’associazione sportiva, per presunta violazione degli articoli 4 e 5 del d. lgs. n. 74/2000.
Ora, se l’interessato fosse stato informato di questo ulteriore addebito, avrebbe potuto produrre il decreto di archiviazione; provvedimento, che, ovviamente, l’Autorità non ha potuto valutare in fase istruttoria.
In materia di porto d’armi l’autorità di pubblica sicurezza dispone di un ampio potere discrezionale, correlato alla delicatezza degli interessi pubblici coinvolti, alla finalità preventiva dei provvedimenti concernenti le armi, nonché alla circostanza che il rilascio o il rinnovo della licenza costituisce una deroga al generale divieto di portare armi.
Detto questo, deve rilevarsi che – sebbene per l’adozione di un diniego non sia necessario il comprovato abuso, ma è sufficiente un plausibile e motivato convincimento dell’autorità di P.S. circa la possibilità di abusare delle armi – questa valutazione, pur ampiamente discrezionale deve dar conto delle circostanze in base alle quali il soggetto destinatario del provvedimento negativo non sia o, nel caso di diniego di rinnovo della licenza, non sia più affidabile nell’uso delle stesse armi; e la valutazione deve riguardare anche la personalità dell’interessato.
Ora, nel caso trattato, il Collegio nota che dalle premesse del provvedimento impugnato non emerge né l’incidenza dei reati per i quali il ricorrente risulta sottoposto a procedimento penale; né, le ragioni dell’inaffidabilità nell’uso delle armi del predetto, già titolare da molti anni della licenza di porto di fucile.
Inoltre i reati su indicati – in ordine ad uno dei quali, peraltro, il ricorrente ha documentato l’adozione del decreto di archiviazione – non appaiono neppure direttamente connessi all’uso delle armi.
Il fatto che ci interessa è questo: nel provvedimento nel quale sono stati valorizzati reati dove non si riscontra l’uso delle armi, l’Autorità procedente non ha fornito alcuna specifica motivazione su eventuali caratteristiche di tali condotte, utili a indicarne la rilevanza ai fini dell’adozione del provvedimento negativo.
Pertanto il ricorso, in quanto fondato, viene accolto e annullato il provvedimento impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti di competenza dell’Amministrazione.
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