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Lunedì, 20 Gennaio 2020 18:06

Lesioni personali e difetto di querela: rischi per le armi

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Cosa fare se hai presentato un’istanza per il rilascio della licenza di porto di fucile uso caccia e il Questore te la respinge dicendo che, in circostanze passate sei stato sottoposto a procedimento penale per lesioni personali, anche se chiuso per difetto di querela, e pure controllato con persone annoveranti pregiudizi di polizia?

 

 

Come è meglio muoversi se sei convinto di essere pienamente affidabile e che quanto afferma il Questore non è vero, cioè se quel vecchio procedimento penale è stato chiuso con sentenza di non doversi procedere per difetto di querela, in relazione al reato di lesioni personali?

 

Cosa è meglio fare?

Come dire al Ministero che un altro tuo vecchio reato, magari riferito ad una situazione non collegata alle armi, non è un reale indice della tua pericolosità o presunta inaffidabilità?

 

Sono domande ripetute mille e mille volte: tante sono infatti le persone che si ritrovano a dover gestire una situazione di questo tipo dove, ad un certo punto, l’amministrazione pare che ti ostacoli in ogni modo.

 

Forse è capitato anche a te.

 

Oppure, magari, a qualche amico.

 

Esiste allora un modo per cercare di risolvere il problema?

 

Bene, per rispondere alla domanda principale del titolo, ossia la circostanza del reato di lesioni personali: i rischi per le armi, bisogna esaminare la questione suddividendola in parti separate ma, allo stesso tempo, correlate.

 

Bisogna prima di tutto chiedersi perché il Questore sostiene che sei una persona che si lascia coinvolgere in liti, o in situazioni che poi hanno visto il loro epilogo in lesioni personali.

 

Ma poi, come mai l’amministrazione sembra trascurare il fatto che il vecchio procedimento penale si è chiuso con sentenza di non doversi procedere per difetto di querela?

 

Diciamo che, a dare questo quadro alla Questura contribuiscono certamente tutte le risultanze del tuo fascicolo, dove magari appunto figura quel vecchio procedimento penale e pure i controlli, accennati all’inizio del post.

 

Vediamo allora cosa è meglio fare per cercare di risolvere.

 

 

  

La memoria difensiva

Sicuramente è il caso di presentare una memoria difensiva, già nella fase di avvio del procedimento amministrativo per il rigetto dell’istanza di rilascio della licenza: spiega e documenta nelle osservazioni il dettaglio del reale svolgimento dei fatti, mettendo in luce il fatto che la sentenza penale ha chiuso il procedimento per difetto di querela in relazione al reato di lesioni personali e così via.

 

Possibilmente, già in questa prima fase chiedi aiuto ad un avvocato.

 

L’amministrazione non potrà ignorare le tue osservazioni e, se adeguatamente motivate, dovrebbe in teoria rivedere il suo diniego.

 

Come già detto in altre occasioni diciamo in teoria perché, si sa, Questura e Prefettura abbastanza spesso si limitano a dire no quasi in automatico, pur non avendo riscontri oggettivi in mano che sconfessino quanto da te accuratamente dimostrato, ma si limitano a trascrivere sui loro provvedimenti di rigetto le classiche frasi ciclostile uguali per tutti i casi simili.

A questo punto, come procedere sul diniego?

 

 

 

Il ricorso

In genere, va detto, il semplice fatto di dover ricorrere al Tar mette pensiero.

 

Non tutte le persone in situazioni come quelle descritte sono infatti disposte a procedere con un ricorso giudiziale, questo per i motivi più svariati: i tempi della giustizia, i costi del processo, i rischi del contenzioso e così via.

Tutti motivi comprensibili.

 

Il problema però è un altro: se manca il ricorso la tua pratica rimane ferma al diniego del Questore: poi per te sarà complicato e faticoso disarticolare, senza una causa, il respingimento con un’istanza di riesame in autotutela.

 

Non sto dicendo che questo è impossibile e che la strada dell’istanza di riesame è impraticabile: sto solo dicendo che avendo a disposizione lo strumento difensivo del ricorso, ritengo preferibile utilizzarlo.

 

Dunque, se una volta fatte le tue valutazioni alla fine hai deciso di andare avanti con il ricorso al Tar, la prima cosa da fare è scegliere un avvocato che abbia familiarità con la materia del diritto amministrativo delle armi.

Il passo successivo, procedere con la notificazione del ricorso e il deposito; quindi attendere la chiamata del Giudice.

 

Particolare attenzione andrà riservata alla ricostruzione dei fatti e al sostegno dei motivi di diritto.

 

Ad esempio, se l’episodio che ha dato origine al procedimento penale, pur in apparenza rilevante, è assai vecchio in quanto magari risalente nel tempo ecco: se si configura in questo modo esso richiede una valutazione attuale e aggiornata da parte del Ministero, ciò insieme alla complessiva condotta tenuta nel tempo.

Se si tratta di un unico vecchio episodio, magari scarsamente significativo ai fini del rilascio in relazione alla tipologia di reato contestato, che so, pensiamo ad esempio a un caso di lottizzazione abusiva, ecco questo dato sarà del tutto sganciato dalla tematica delle armi e, quindi, non idoneo a sorreggere il diniego espresso dall’autorità di p.s.

 

Se le cose stanno effettivamente così e tu, nei vari passaggi descritti prima ti sei preoccupato di smontare quelle teorie dell’amministrazione con argomenti dimostrabili, il Tar ti darà ragione.

 

Del resto, è quello che si è verificato ultimamente con la sentenza n. 106/2020 del Tar Campania Sezione Quinta, pubblicata il 09.01.2020.

Il tribunale non potrà darti torto in quanto l’amministrazione è chiamata a dare la sua risposta discrezionale con una opportuna e convincente motivazione.

 

In pratica c’è proprio l’obbligo di motivazione per il Ministero, cioè l’obbligo di collegare i fatti ad un preciso indice di pericolosità, ovviamente se esiste.

In sostanza non gli basterà far capo all’informativa e ai vecchi reati, ma dovrà approfondire per conto suo proprio per accertare se quanto denunciato è attendibile o no, specie appunto se le vicende penali sono state archiviate, non proseguite, concluse con assoluzione, con il non doversi procedere per difetto di querela e così via.

 

 

Altre informazioni?

Contatta l’Avv. Francesco Pandolfi

3286090590

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Letto 3532 volte Ultima modifica il Lunedì, 20 Gennaio 2020 18:14
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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