Lunedì, 09 Maggio 2022 16:14

Come funziona la riabilitazione sulla licenza di porto di fucile uso caccia

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L’eventuale condanna di una persona, con la riabilitazione, devono essere affiancate da una più ampia valutazione sull’affidabilità e sulla pericolosità sociale: altrimenti il diniego sulla licenza dato dalla Questura è parziale e, quindi, sbagliato.

 

 

 

Quante volte ho parlato di riabilitazione e degli effetti di questa sulle valutazioni del Ministero dell’Interno in materia di armi.

 

I dinieghi dei Questori ci hanno abituato a leggere che la riabilitazione, pur facendo venir meno gli effetti penali della condanna, non cancellerebbe i fatti che l’hanno determinata.

 

Tutto questo determinerebbe un giudizio negativo sulla persona, punto e basta, al di là delle questioni sulla personalità e sulla condotta di vita dell’interessato.

 

Io non sono d’accordo con questa impostazione, non lo sono mai stato.

 

Neppure i Tribunali sono stati d’accordo con la tesi del Ministero dell’Interno [1].

 

La verità è che condanna per un reato e la riabilitazione devono essere inquadrate all’interno di un più vasto esame della vicenda che interessa la persona in questione.

 

In altri termini: non basta che il Questore tiri in ballo una vecchia condanna penale (pensiamo, per esempio, ad un remoto reato di ricettazione) e, pur mettendola in relazione alla successiva riabilitazione, neghi il rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia.

 

Per dare un giudizio completo l’Amministrazione deve, invece, espandere la sua valutazione con diverse altre considerazioni, come l’intrinseca gravità del reato, l’affidabilità della persona, la pericolosità sociale anche in relazione alla disponibilità ed uso di armi, frequentazioni controindicate, condotta di vita negativa e così via.

 

Se non fa tutto questo, commette un errore e il suo diniego diventa immediatamente ricorribile davanti il Tar.

 

Insomma: prima di emettere il decreto di diniego il Questore deve percorrere tutti gli step che ho segnalato prima.

 

In tutti i casi in cui manca anche uno solo di questi, passare alla fase del ricorso senza esitazioni.

 

[1] Tar Catania Sez. Quarta, sentenza n. 1041 pubblicata il 12.04.2022.

 

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Letto 3321 volte Ultima modifica il Mercoledì, 09 Novembre 2022 22:13
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
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