Siamo in tema di rimozione del grado per motivi disciplinari e parliamo di un appartenente all’Arma dei Carabinieri.
Più in generale, il tema trattato in questo post è di interesse generale per chi appartiene al Mondo Militare e riguarda la tutela del diritto di difesa dell’incolpato.
Dunque, è bene tenere presente che la composizione della Commissione di disciplina è stabilita dal legislatore in modo non derogabile, di modo che ogni valutazione sulla migliore e più efficace composizione della medesima è stata già effettuata dalla legge: quindi all'amministrazione non resta alcun margine di discrezionalità.
Vuoi scoprire insieme a me come mai questo procedimento si chiude con la vittoria della parte appellante e con la soccombenza del Ministero della Difesa?
Bene, vista l’importanza e la delicatezza della questione, è allora il caso di mettersi un attimo comodi per prendere confidenza con il ragionamento del Consiglio di Stato e, perché no, per sfruttare le “dritte” che ci fornisce con la recente sentenza n. 624 del 30 gennaio 2018.
La Sezione quarta del C.d.S. si è, ancora una volta, distinta per chiarezza.
Anche in questo caso sfruttiamo, come abbiamo fatto molte altre volte, i principi di diritto nascenti dalla pronuncia.
E’ evidente infatti che, se tu ti dovessi trovare in un caso simile potresti utilizzare i criteri qui ricordati per fronteggiare il divieto ed aumentare, quindi, di molto le probabilità di accoglimento della sua domanda.
Se sei pronto, passiamo dunque al cuore della questione.
Il ricorso
Dunque, la sentenza di primo grado esclude il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, "attesa la assoluta gravità dei fatti addebitati all'interessato".
Dice, in particolare: non sussiste alcuna violazione dell'art. 39 l. 1168/61 poiché la presenza in Commissione di disciplina di un tenente colonnello, in qualità di Presidente, di un Maggiore e di un Capitano è dovuta per "assicurare una migliore e più attenta disamina della fattispecie, circostanza che non può non essere interpretata come di maggior favore e garanzia per il militare sottoposto a procedimento disciplinare".
Questo è uno tra gli argomenti chiave della prima sentenza.
Ma andiamo a vedere invece cosa dice il Consiglio in appello.
Il ragionamento del Consiglio di Stato
L'appello è fondato in relazione al primo motivo.
L'art. 39 recante "Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei Carabinieri", ora abrogato dall'art. 2268, co. 1, n. 493, d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, prevede:
"La Commissione di disciplina per i giudizi a carico di militari di truppa dell'Arma dei carabinieri è formata e convocata, di volta in volta, dal comandante di corpo dal quale il giudicando dipende per ragioni di impiego o nella cui giurisdizione risiede. Se i giudicandi siano più di uno, provvede il comandante di Legione dal quale dipende o nella cui giurisdizione risiede il militare più elevato in grado o più anziano. La Commissione si compone di un ufficiale superiore dell'Arma dei carabinieri, presidente, e di due capitani dell'Arma stessa in servizio...".
Per completezza, la disposizione è stata riprodotta nel Codice dell'ordinamento militare, il cui art. 1384 attualmente dispone, quanto alla composizione della Commissione di disciplina per gli appuntati e carabinieri, che la stessa "si compone di un ufficiale superiore dell'Arma dei Carabinieri, presidente, e di due Capitani dell'Arma stessa in servizio".
La disposizione vigente all'epoca dei fatti (ma successivamente "riconfermata"), dunque, prescrive con precisione la composizione della Commissione di disciplina, di modo che nessuna possibilità di "variazione" della medesima è concessa all'amministrazione, la quale, ove operi diversamente, determina una illegittimità che si riverbera inevitabilmente su tutti gli atti del procedimento disciplinare.
Questo in quanto la composizione dell'organo giudicante, nei sensi prescritti dalla legge, attiene alle garanzie espressamente previste per il rispetto sia dei principi di imparzialità e buon andamento, ex art. 97 Cost., sia del diritto di difesa dell'incolpato, che non può avere altro "giudicante" se non quello previsto, in modo vincolato, dalla legge.
Come più volte il C.d.S. ha già avuto modo di affermare (con riferimento alla prescrittività della legge - art. 1370 del Codice dell'ordinamento militare - in ordine al grado che deve essere posseduto dal difensore del militare nel procedimento disciplinare), le prescrizioni afferenti alla individuazione del difensore ed al suo grado (ed ora, viepiù, alla composizione dell'organo giudicante) attengono al diritto di difesa dell'incolpato, di modo che la violazione del medesimo conseguente al mancato rispetto delle prescrizioni "è palese e, in ragione del suo carattere anche formale, rileva di per sé, al di là di quella dimostrazione di un concreto pregiudizio" (Cons. Stato, sez. IV, 25 febbraio 2013 n. 1114).
Conclusioni
Non sempre è facile fronteggiare la presa di posizione del Ministero: ecco perché è preferibile rivolgersi ad un legale specializzato in materia.
Sarà infatti compito del difensore spiegare il “come fare per” e, se richiesto, progettare una strategia difensiva idonea a contrastare con più probabilità di successo un’eventuale azione giudiziale.
In generale, la cosa da sapere è questa: il diritto di difesa dell’incolpato è intangibile.
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