Il transito tra diverse amministrazioni pubbliche: nel nostro Ordinamento esiste un criterio di potenziale mobilità del personale militare all’interno del più vasto comparto del pubblico impiego.
Per capire come funziona in pratica questo principio, prendiamo spunto da un caso già affrontato e risolto favorevolmente dai magistrati.
Tar e Consiglio di Stato hanno già dato ragione in passato ad un Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri in ferma prefissata del ruolo tecnico logistico che, dopo aver vinto un concorso pubblico quale Istruttore Direttivo Tecnico di un Comune, aveva chiesto la cessazione anticipata dal servizio permanente, ma la domanda era stata respinta.
Indice
La sentenza favorevole del Tar Lazio
Il criterio di mobilità per il personale militare
La sentenza favorevole del Consiglio di Stato
La sentenza favorevole del Tar Lazio
In particolare, in quel caso il diniego della domanda di collocamento in congedo era stato motivato così: “a mente di quanto previsto dall’art. 933, c. 1 del D. Lvo n. 66/2010. L’ufficiale risulta essere sottoposto alla ferma obbligatoria settennale contratta ai sensi dell’art. 10, c. 3 del D. Lvo 5 ottobre 2000, n. 298, ora articolo 738, c. 3 del D. Lvo 15 marzo 2010, n. 66, decorrente dal 6 novembre 2006. Inoltre, la specialità del dovere richiamato dall’art. 52 Cost. e l’impossibilità di procedere alla modifica della programmazione annuale per consentire il reclutamento di personale in sostituzione di quello cessato fanno ritenere che non sussista il carattere di eccezionalità che possa motivare il proscioglimento dagli obblighi di servizio ai quali è vincolato il militare”.
In occasione della causa di primo grado, il Tar [1] aveva osservato che il militare non può di norma chiedere di cessare dal servizio permanente e di essere collocato in congedo se deve rispettare obblighi di permanenza in servizio, contratti all'atto dell'incorporazione o al termine dei corsi di formazione.
L'amministrazione militare, solo in casi eccezionali che deve adeguatamente motivare a tutela dell'interesse pubblico, può concedere il proscioglimento dagli obblighi di servizio ai quali è vincolato il militare, in relazione alla durata minima del servizio stesso.
La disposizione, diceva il Tribunale, andrebbe interpretata nel senso che l’ufficiale che abbia contratto una ferma vincolata non può cessare anticipatamente dal servizio, salvo casi speciali rispetto ai quali l’amministrazione deve adeguatamente motivare l’accoglimento o meno dell’istanza, a tutela dell’interesse pubblico al buon andamento delle strutture e dei reparti.
La norma, proseguiva quel Tar, tutela l’interesse pubblico a che i costi di formazione del personale militare particolarmente specializzato (quali, ad es., gli ingegneri del Genio militare), siano ammortizzati in un arco di tempo ragionevole.
Si tratta, in pratica, di esigenze di mantenimento del rapporto di lavoro, rispetto alle quali la normativa di settore tende a disincentivare l’esodo del personale.
Esigenze che trovano, peraltro, fondamento nella natura stessa del rapporto di lavoro instaurato sulla base di un impegno consapevole ed autonomo del militare, in base al principio per il quale i rapporti di lavoro a termine sono, di norma, indisponibili sino alla scadenza del termine finale.
Sotto un altro profilo, aveva chiarito il Tar che la domanda di cessazione dal servizio era stata presentata dal ricorrente per assumere servizio presso un’altra pubblica amministrazione: un Comune.
Fattispecie regolata dall’articolo unico della legge 26 marzo 1965 n. 229, disciplinante l’estensione al personale militare dell’esenzione dai limiti di età per la partecipazione ai pubblici concorsi per l’accesso alle carriere civili dello Stato.
La disposizione, come chiarito, è espressione di un principio generale che tende a favorire il reinserimento del personale militare negli impieghi civili delle pubbliche amministrazioni.
Il criterio di mobilità per il personale militare
In sintesi, la norma fissa un criterio di potenziale mobilità del personale militare all’interno del pubblico impiego.
Essa, incidendo su posizioni di status, non può non riferirsi che a qualsiasi tipo di rapporto, a termine o permanente.
Per restare sul caso specifico dell’Ufficiale che aveva proposto quel ricorso, all’atto dell’arruolamento egli già era in possesso del diploma di laurea sicché, sotto questo specifico profilo, i costi di formazione culturale e professionale neppure erano stati sostenuti dall’amministrazione.
La sentenza favorevole del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato [2] aveva accordato ragione sempre al militare.
La norma in questione, che consente agli ufficiali in servizio permanente effettivo la partecipazione senza limiti di età ai concorsi pubblici per l’accesso alle carriere civili delle amministrazioni dello Stato, ha introdotto in via implicita un criterio di potenziale mobilità del personale militare all’interno dell’organizzazione statuale, e pertanto, in quanto disposizione ampliativa della posizione di status del personale interessato, la gravità dei motivi di servizio che ai sensi dell’art. 43, ultimo comma, della legge 10 aprile 1954, nr. 113, può giustificare il ritardo nell’accoglimento della domanda di dimissioni, deve collegarsi a situazioni di assoluta necessità d’impiego dell’unità di organico presa in considerazione
Il principio, proseguiva il C.d.S., deve considerarsi valido anche nel vigore dell’attuale art. 933 d.lgs. nr. 66 del 2010, che ha sostituito l’art. 43 della legge nr. 113 del 1954, malgrado il tenore apparentemente diverso della nuova norma, che sembra invertire il rapporto tra regola ed eccezione consentendo all’Amministrazione solo eccezionalmente di autorizzare la cessazione anticipata dalla ferma: infatti, è evidente che, nel quadro di una lettura sistematica e costituzionalmente orientata della disciplina nel suo complesso, fra le dette ipotesi eccezionali non può non rientrare, appunto, anche quella di superamento di un concorso pubblico a norma della citata legge nr. 229 del 1965.
L’Amministrazione non può limitarsi al diniego alla richiesta di cessazione anticipata dal servizio, senza precisare se e quali gravi ragioni sono di ostacolo al suo accoglimento.
[1] Tar Lazio, Sez. Prima bis, sentenza n. 8284 del 19.10.2011.
[2] C.d.S., Sez. Quarta, sentenza n. 1746 del 21.02.2012.
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