LA DIFFAMAZIONE SU INTERNET
Internet oggi giorno ci permette di relazionarci in tempo reale con milioni di persone senza nessuna difficoltà. Condividere informazioni, opinioni personali, stili di vita diversi non è mai stato così rapido, così immediato, così “a portata di clic” …basta un semplice smartphone per affacciarsi sul web e poter esprimere in assoluta libertà “tutto”, ma “proprio tutto”, quello che ci passa per la testa.
Ma questa libertà di espressione, peraltro riconosciuta dalla nostra Costituzione, è sempre opportuno manifestarla?
È importante sapere che se da un lato è facilissimo accedere ai propri profili social, pensiamo a Facebook e WhatsApp giusto per citarne due dei più pervasivi nelle nostre vite, è altrettanto facile abusare della libertà d’espressione illimitata che questi medium ci offrono e rischiare così di incorrere in problemi di natura legale.
Facciamo qualche esempio.
Pensiamo alla fine di una storia d’amore. Al tempo dei nostri nonni, quando internet era solo un sogno fantascientifico, la possibilità di vedere il nostro ex partner gongolarsi mano nella mano con la sua “nuova storia” era limitata al contesto reale e facilmente evitabile conoscendo le sue abitudini, la sua routine. Oggi invece veniamo sovraccaricati di immagini, selfie, post, cinguettii, storie di Instagram e chi più ne ha più ne metta, che ci ricordano costantemente la nuova relazione del nostro ex e che, mostrandoci le sue effusioni, sembrano quasi istigarci a insultare violentemente lui, o
lei che sia, e il suo nuovo o la sua nuova partner.
E allora via di commento sotto quella foto postata su Facebook in cui entrambi sembrano avere preso 50 chilogrammi in più di qualche giorno prima, per non parlare del trucco di lei, che il 15 d’agosto sembra uscita da una festa di Halloween, o della camicia di lui, che sarebbe stata fuori luogo anche nei psichedelici anni settanta. E perché non postare noi stessi su un gruppo WhatsApp, magari proprio quello che abbiamo chiamato “sodalizio del taglio” e che riteniamo più privato e sicuro, qualche foto osè o comunque volta a deridere o denigrare il nostro ex, lasciando libero sfogo alle capacità dei nostri amici di consolarci insultando chi non ci meritava.
Tutto molto umano e naturale, ma non per questo altrettanto legale.
In tutti questi casi infatti, chi avesse scritto quei commenti offensivi su Facebook o anche solo chi avesse condiviso la foto in una chat di gruppo su WhatsApp avrebbe commesso il reato di diffamazione.
DIFFAMAZIONE: COS’È
La diffamazione consiste nell’offendere, parlando con più persone, la reputazione di qualcuno che non è presente. La giurisprudenza ha chiarito che con reputazione non s’intende la considerazione che ognuno ha di sé, il semplice amor proprio per chiarirci, ma piuttosto la dignità personale in relazione all’opinione e alla stima di cui si gode all’interno di una comunità.
L’offesa, inoltre, deve essere rivolta ad una persona specifica, o facilmente individuabile, e deve essere comunicata a più persone.
Non saranno considerate diffamazione di una persona specifica, le frasi offensive rivolte a intere categorie di persone; ad esempio inveire ed insultare pesantemente una squadra di calcio non equivale all’insulto diretto, e perciò considerato diffamatorio, nei confronti del singolo giocatore che ha sbagliato il calcio di rigore decisivo.
Si tenga presente infine che in caso di diffamazione on line la comunicazione a più persone si realizza nel preciso momento in cui il messaggio offensivo viene pubblicato su un sito Internet.
DIFFAMAZIONE, INGIURIA E CALUNNIA: DIFFERENZE.
I termini diffamazione, ingiuria e calunnia nell’uso comune della nostra lingua vengono spesso erroneamente usati come sinonimi.
Vediamo quali sono le differenze e il peso giuridico che li caratterizza.
Affinché si possa parlare di reato di diffamazione è indispensabile che il soggetto offeso non sia presente nel momento in cui l’offesa viene espressa. In caso contrario, se l’offeso è presente, saremo difronte ad un altro tipo di reato, oggi depenalizzato e di conseguenza meno grave, il reato d’ingiuria.
La differenza tra i due reati quindi è proprio legata alla presenza o meno del soggetto offeso nel momento in cui l’offesa viene esternata e la minore gravità dell’ingiuria, nello specifico, va collegata alla possibilità di controbattere all’offesa subita da parte dell’ingiuriato.
La calunnia, infine, consiste nell’accusare qualcuno, presso le autorità competenti, di un reato di qualsiasi natura, pur sapendolo innocente.
Ma come si fa a difendersi se viene diffamati su internet?
Molti di noi pensano che fare uno screenshot, cioè salvare un’istantanea dello schermo del pc o dello smartphone, sia sufficiente per fornire la prova dell’offesa ricevuta. In realtà non è così.
Quando si denuncia qualcuno per diffamazione, sia che s’intenda agire in sede penale, sia che si decida di rimanere nell’ambito di un risarcimento civile, è necessario fornire la prova incontrovertibile che l’offesa specifica, magari documentata attraverso uno screenshot, sia stata scritta proprio dal soggetto che andiamo a denunciare. Più semplicemente nel caso specifico della diffamazione on-line bisogna accertare, attraverso rigorose indagini tecnico-informatiche, che l’offesa subita attraverso l’account di “tizio” sia stata scritta proprio da lui e non da qualcun altro che ha sfruttato la sua identità digitale, commettendo inoltre un reato a sua volta.
Proprio recentemente la Suprema Corte, con sentenza n. 8736 del 22.02.2018, ha accettato uno screenshot come prova, ma tale copia cartacea era stata supportata da altre prove oggettive che il giudice ha deciso di valutare in maniera univoca secondo quello che era il convincimento maturato.
Un consiglio
Dire che dovremmo evitare di spettegolare, giudicare, esprimere opinioni più o meno critiche e più o meno offensive nei confronti di qualche persona con la quale siamo venuti in contatto durante la nostra vita, non solo sarebbe una banalità, ma una vera è propria utopia. È molto più realistico cercare di limitare pettegolezzi e offese verso chicchessia a confidenze fatte a singole persone estremamente fidate o magari relegarle a sfoghi privati tra sé e sé nell’estrema intimità di un buon vecchio diario segreto, cartaceo e non telematico.
E se proprio non possiamo fare a meno di insultare qualcuno, allora facciamolo faccia a faccia, “ingiuriamolo” dandogli la possibilità di difendersi e negandogli quella di denunciarci per diffamazione…