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Lunedì, 28 Ottobre 2019 07:11

Atteggiamento da caccia: che cos’è?

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Si desume che la persona è in "atteggiamento da caccia" da un insieme di elementi, per esempio la presenza in luogo di caccia e la detenzione di strumenti idonei allo scopo, indicativi di un'attività volta alla soppressione o cattura di uccelli o animali in genere.

Conoscere questa nozione può avere una sua importanza in molte situazioni.

Pensiamo ai divieti di caccia, o alla detenzione di cani e richiami acustici non ammessi: qui si tratta, in definitiva, di capire se la condotta tenuta è lecita oppure no.

Di recente, la Cassazione penale si è preoccupata di dare corpo e spiegazione a questo concetto giuridico.

Vediamo come.

 

 

Indice

Il caso

La Cassazione

La soluzione

 

 

Il Caso

il Giudice per le indagini preliminari, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna e di giudizio definito con rito abbreviato, condanna una persona alle pene di legge con il beneficio della sospensione condizionale della pena, per aver usato richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con amplificazione del suono.

In pratica il Giudice ritiene che basti il richiamo sonoro per far ritenere integrato il reato.

Dall’altra parte si osserva che il provvedimento non considera che la nozione di esercizio venatorio rilevante per l'applicazione delle sanzioni previste dalla L. n. 157 del 1992 comprende necessariamente la disponibilita' dei mezzi idonei all'abbattimento o alla cattura della selvaggina.

Inoltre, la libera disponibilita' di un richiamo utile ad attirare i pennuti non integra alcuna contravvenzione se non riferito ad una persona in atteggiamento di caccia.

Quanto alla presenza dei cani da caccia, il provvedimento non considera che, come risulta da un verbale redatto dalla polizia giudiziaria, si tratta di cani da ferma che si limitano a puntare la selvaggina senza rincorrerla o catturarla; dallo stesso verbale di sequestro risulta che essi sono intenti ad addestrare i cani da ferma, tanto che viene applicata la sanzione prevista dalla Legge Regionale n. 33 del 1997, articolo 41; in motivazione, pur dando atto che non sono stati rinvenuti armi e munizioni sulle autovetture, ne' altri strumenti idonei all'apprensione della selvaggina, il Giudice arriva lo stesso a dire che costoro si trovano in atteggiamento di caccia.

 

 

La Cassazione

Il dossier arriva dunque in Corte di Cassazione.

La Terza Sezione penale emette la sentenza n. 19653 dell’08.05.2019, favorevole all’interessato.

Dice la Corte:  ai fini della configurabilita' della contravvenzione di cui alla L. n. 157 del 1992, articolo 21, lettera r), e' necessario che la detenzione di richiami di genere vietato avvenga da persona in "atteggiamento da caccia", desumibile da un insieme di elementi, quali la presenza in luogo di caccia e la detenzione di strumenti idonei allo scopo, sintomatici ed indicativi di un'attivita' volta alla soppressione o cattura di uccelli o animali in genere.

L'interpretazione di "atteggiamento da caccia" e' ampia, ricomprendendo non solo l'effettiva uccisione o cattura della selvaggina, ma anche ogni attivita' preliminare e comunque ogni atto desumibile dall'insieme delle circostanze di tempo e di luogo, che comunque appaia diretto a tal fine.

 

 

La soluzione

Nel caso specifico gli imputati sono stati trovati solo con i cani ed i richiami, senza armi o altri strumenti per la cattura dell'uccellagione.

L'interpretazione del Giudice che ha anticipato la fase iniziale addirittura al momento del presumibile addestramento dei cani da caccia non e' coerente con il dato normativo, che richiede comunque elementi univoci, in termini di organizzazioni di mezzi (es. disponibilita' di reti, gabbie, trappole, armi etc.) e di persone, nel senso del compimento della condotta criminosa.

 

 

Se hai bisogno di assistenza legale in questa materia, chiama lo studio oppure scrivi una mail per avere la consulenza giuridica.

 

 

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Letto 5300 volte Ultima modifica il Lunedì, 28 Ottobre 2019 07:31
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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