La domanda del lettore
Buona sera avvocato. Ho avuto un problema con il porto darmi; è da 3 anni nn ho il rilascio X un incidente di caccia ke mi sono causato da solo. Mi hanno scritto sul diniego il maneggio delle armi. Posso fare qualcosa? Ho qualche probabilità di riaverlo? L'incidente nn e stato grave sono dovuto andare al bagno una colica fortissima, ho poggiato il fucile a un arbusto a 2 3 metri lontano da me ben in vista da me ho tolto il gilet e lo attaccato alla canna del fucile ero a caccia con il cane, il cane nn mi aveva visto e vedendo il Gillette si e avvicinato al fucile buttandolo a terra dove e partito un colpo dove 5 pallini n 8 sono finite nella mia gamba ma senza danni Xke sicuro erano di rimbalzo, in ospedale o dovuto dichiarare l'accaduto. E al primo rinnovo nn mi hanno più dato il porto darmi.
La risposta al quesito
In generale, l’uso non corretto dell’arma equivale ad abuso.
Ma, prima di rispondere al quesito vero e proprio, intanto qualche premessa normativa.
L’art. 39 del T.U.L.P.S. dispone: “Il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne”.
La norma attribuisce all’Amministrazione un potere per cui è sufficiente la sussistenza di una condotta specifica tale da ingenerare nell’amministrazione il fondato sospetto del pericolo di abuso delle armi.
“La valutazione dell'Autorità di pubblica sicurezza, caratterizzata da ampia discrezionalità, persegue lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l’abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili, tanto che il giudizio di “non affidabilità” è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente non ascrivibili a “buona condotta”.
L’autorizzazione al possesso delle armi non è un diritto, ma una valutazione discrezionale nella quale devono unirsi la mancanza di requisiti negativi e la sussistenza di specifiche ragioni positive; la regola generale è rappresentata dal divieto di detenzione delle armi, che l’autorizzazione di polizia è suscettibile di rimuovere in via di eccezione, in presenza di specifiche ragioni e in assenza di rischi anche solo potenziali, che è compito dell’autorità di pubblica sicurezza prevenire.
Pertanto:
- l'autorizzazione alla detenzione ed al porto d’armi presuppongono che il beneficiario osservi una condotta di vita improntata alla piena osservanza delle norme penali e di quelle poste a tutela dell'ordine pubblico, nonché delle regole di civile convivenza;
- la valutazione che compie l'Autorità di Pubblica Sicurezza in materia è caratterizzata, quindi, da ampia discrezionalità e persegue lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l’abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili;
- il giudizio di “non affidabilità” è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente non ascrivibili a “buona condotta”.
Inoltre, ricordiamo che il nostro ordinamento è ispirato a regole limitative della diffusione e possesso dei mezzi di offesa, tant’è che i provvedimenti che ne consentono la detenzione ed utilizzo vengono ad assumere – su un piano di eccezionalità – connotazioni concessorie.
Tutto questo significa che nel bilanciamento degli interessi coinvolti, ha un carattere prevalente, nella scelta selettiva dell’Amministrazione, quello di rilievo pubblico, inerente alla sicurezza e all’incolumità delle persone, rispetto a quello del privato, tanto più nei casi di impiego dell’arma per attività di diporto o sportiva.
Ora, fatta questa premessa di ordine generale, andiamo nello specifico del quesito proposto.
Ebbene la lesione, seppur involontaria, dell’integrità fisica, per la cui tutela l’ordinamento ha costruito regole limitative della diffusione e possesso dei mezzi di offesa, può essere idonea a giustificare il diniego.
Ovviamente parliamo sempre di una valutazione da fare caso per caso: quindi sarebbe opportuno esaminare il provvedimento di diniego che è stato adottato nei suoi confronti e, da quello, capire poi se l’Amministrazione ha ben utilizzato la sua discrezionalità, cioè se ha correttamente esaminato le circostanze di fatto senza travisarle.
Se tutto questo non dovesse venire fuori, allora il provvedimento di diniego potrebbe essere sottoposto a revisione, diciamo con un riesame.
Altrimenti c’è poco da fare.
Altre informazioni?
Contatta l’Avv. Francesco Pandolfi
3286090590
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.