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Sabato, 20 Giugno 2020 13:51

Militare, missione fuori area annullata

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La domanda del lettore

Salve, le elenco brevemente la problematica: sono un militare in spe dell’EI dopo xx anni dall’ultima missione conclusasi a xxxx sarei dovuto partire per una nuova Missione fuori area ai primi di luglio xxxx, ma giovedì xxxxxx u.s. Il Cte verbalmente senza dettagliate spiegazioni mi comunicava che c’era stato un errore e che non sarei andato in operazione. Ora visto il mio impeccabile servizio era mia intenzione partecipare il mio disagio, conseguente l’estromissione dalla missione, alle più alte autorità militari facendo “leva” sull’art.725 c. 2 let. g del DPR 90/2010. In attesa di riscontro, saluti.

 

 

 

La risposta al quesito

Prima una breve indicazione generale.

 

L’Art. 725 da Lei richiamato (Doveri propri dei superiori) stabilisce quanto segue:

 

1. Il superiore deve tenere per norma del proprio operato che il grado e l'autorità gli sono conferiti per impiegarli ed esercitarli unicamente al servizio e a vantaggio delle Forze armate e per far osservare dai dipendenti le leggi, i regolamenti, gli ordini militari e le disposizioni di servizio. Per primo egli deve dare l'esempio del rispetto della disciplina e della rigorosa osservanza dei regolamenti: dovere tanto più imperioso quanto più è elevato il suo grado.

 

2. Il superiore deve mantenere salda la disciplina dei militari dipendenti e mirare a conseguire la massima efficienza dell'unità, ente o ufficio al quale è preposto. Egli deve in particolare:

a) rispettare nei rapporti con gli inferiori la pari dignità di tutti e informare sempre le proprie valutazioni a criteri di obiettività e giustizia;

 

b) evitare, di massima, di richiamare in pubblico il militare che ha mancato. Per riprenderlo, sempre se possibile, deve chiamarlo in disparte e usare, nel richiamo, forma breve ed energica, riferendosi unicamente al fatto del momento;

 

c) approfondire la conoscenza dei dipendenti, valutarne le precipue qualità individuali e svilupparne la personalità;

 

d) provvedere all'istruzione militare del personale e attuare le misure intese a promuovere l'elevamento culturale, la formazione della coscienza civica, la preparazione professionale e la consapevole partecipazione;

 

e) curare le condizioni di vita e di benessere del personale;

 

f) assicurare il rispetto delle norme di sicurezza e di prevenzione per salvaguardare l'integrità fisica dei dipendenti;

 

g) accordare i colloqui richiesti, anche per motivi di carattere privato o familiare, nelle forme stabilite e provvedere a una sollecita valutazione delle istanze presentate nei modi prescritti;

 

h) tenere in ogni occasione esemplare comportamento e agire con fermezza, comprensione e imparzialità;

 

i) porre tutte le proprie energie al fine di mettere l'inferiore nella condizione migliore per eseguire l'ordine avuto.

 

Adesso qualche breve considerazione più da vicino.

 

Dunque, la lettera “g” della disposizione in esame ammette che i colloqui richiesti vengano accordati, sia pur nelle forme stabilite.

 

Inoltre prevede che il superiore assicuri una valutazione tempestiva delle istanze presentate con le formalità che si ricollegano a questo tipo di adempimento.

 

In sostanza, la norma risulta composta da due sottoparagrafi, per così dire: il primo regolamenta i colloqui, il secondo si occupa della disciplina delle istanze.

 

Pertanto, scendendo nel particolare del suo quesito, la risposta è sì: la norma da lei indicata può essere utilizzata.

 

Casomai, oltre a partecipare il suo legittimo e comprensibile disagio per quanto verificatosi, l’occasione del colloquio potrà offrire lumi sulla reale motivazione dell’estromissione dalla missione.

 

In effetti, a prima vista pare strano che l’amministrazione militare commetta questo tipo di errori, anche perché le missioni di cui lei parla sono programmate e pianificate in anticipo, dunque è difficile pensare ad un errore inteso questo come una svista; se, diversamente, si è trattato di una vera e propria estromissione, intendendo questa come una eliminazione dall’elenco dei militari chiamati per la missione, allora sarà l’occasione propizia per avere spiegazioni adeguate e convincenti del perché di tale inopinata decisione.

 

 

 

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Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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