La domanda
Gentile avvocato, mi trovavo con mio fratello colto in data xxxx al termine di una battuta di caccia; secondo la Prefettura che mi ha revocato la licenza di porto di fucile e mi ha notificato un divieto di detenzione armi, mi sarei rifiutato -a detta loro- di sottostare ad un controllo di polizia, incorrendo così nei reati di resistenza a pubblico ufficiale, inosservanza dei provvedimenti dell’autorità e di rifiuto di indicazioni sull’identità personale. A me, però, risulta che non c’è stato alcun procedimento penale e nessun accertamento specifico su questi presunti fatti. Quindi, in definitiva, la Prefettura poteva fare quello che ha fatto a mio danno?
La risposta
No, da quanto dice non poteva farlo.
Da premettere che la risposta alla sua domanda viene data sul semplice quesito proposto, senza poter visionare eventuali documenti amministrativi relativi ai fatti lamentati, in quanto lei non ha trasmesso alcun atto o documento.
Detto questo in premessa, in ogni caso il fatto dal quale sono scaturiti entrambi i provvedimenti, di divieto e di revoca, pare del tutto insussistente.
In effetti risulta dal quesito che nessuna iniziativa è stata assunta dall’autorità giudiziaria che, benché raggiunta dalla segnalazione della notizia di reato, non ha proceduto ad alcuna iscrizione a suo carico.
Da questa circostanza deve desumersi l’irrilevanza penale delle condotte oggetto di contestazione a suo carico.
Insomma, da quanto emerge i due provvedimenti non sembrano sorretti dalla necessaria base motivazionale che invece in questi casi è richiesta.
In pratica sembrano fondati esclusivamente su fatti che, proprio perché non è stato tratto alcun elemento indiziario tale da giustificare l’apertura di un fascicolo d’indagine, non sono idonei (perché privi di pieno sostegno probatorio) a giustificare un giudizio di inaffidabilità e, in ogni caso, una prognosi sfavorevole circa il possibile uso illecito delle armi.
In conclusione: il ricorso al Tar per criticare i due provvedimenti e chiederne l’annullamento c’è tutto.
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