Il Questore deve spiegare perché un fatto reato commesso in età adolescenziale, valutato però favorevolmente dal Tribunale, a distanza di anni sia ancora negativo per l’affidabilità della persona nell’uso di armi.
Si tratta di un principio molto importante; ultimamente è stato ricordato dal Tar Milano con la sentenza n. 1551/2020, pubblicata in data 10.08.2020.
In sostanza, nel caso specifico si parla, diciamo così, di un peccato di gioventù.
Un giovane resta coinvolto con alcuni compagni di scuola nel furto di una bicicletta per una ripicca nei confronti del proprietario.
All’epoca il Tribunale per i Minorenni da la sua sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto ed occasionalità del comportamento per il reato di furto aggravato in concorso.
Dopo anni, però, il Questore nega il rilascio della licenza di porto di fucile ad uso sportivo.
Parte quindi la fase giudiziale con i vari ricorsi del caso.
Il ricorso al Tar viene accolto.
Queste le argomentazioni.
L’articolo 43, comma 1, lettera a), del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, attribuisce al Questore il potere vincolato di negare il rilascio della licenza di portare armi ai soggetti che hanno riportato una condanna alla reclusione per il delitto di furto.
L’articolo 43, comma 2, attribuisce al Questore il potere discrezionale di rifiutare il rilascio della licenza di portare armi ai soggetti che non diano affidamento di non abusare delle armi.
Nel caso esaminato, il provvedimento impugnato riporta un generico riferimento all’articolo 43, senza specificare se esso sia stato adottato esercitando il potere vincolato di cui al primo comma o il potere discrezionale di cui al secondo comma.
In ogni caso il provvedimento è illegittimo anche per altre ragioni.
In sostanza: ove il Questore abbia inteso negare il rilascio della licenza di porto d’armi a fronte della condanna riportata dal ricorrente per il reato ostativo di furto, il diniego è senz’altro illegittimo per carenza del presupposto ostativo, che l’articolo 43, comma 1, lettera a), individua nell’aver riportato una condanna alla pena detentiva per il delitto di furto.
Come abbiamo anticipato, la sentenza del Tribunale per i Minorenni ha dichiarato il non luogo a procedere per irrilevanza del fatto nei confronti del ricorrente.
Osserva il collegio che la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, di cui all’articolo 27 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, è una sentenza di proscioglimento finalizzata alla rieducazione del minorenne, mediante la sua rapida fuoriuscita dal circuito penale.
C’è da notare che con la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, lo Stato rinuncia ad irrogare la sanzione penale nei confronti del minorenne che ha commesso un fatto di reato non connotato da una particolare rilevanza sociale, per non rischiare di compromettere lo sviluppo della sua personalità in una fase tanto delicata quale quella adolescenziale, per cui la stessa non integra il presupposto della sentenza di condanna ad una pena detentiva, che è esattamente ciò che il legislatore ha inteso evitare.
Laddove, invece, il Questore abbia esercitato il potere discrezionale attribuitogli dal comma 2 dell’articolo 43, prendendo in considerazione il fatto di reato descritto nella sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, il diniego di rilascio della licenza di porto di fucile è viziato per carenza e per contraddittorietà della motivazione.
Il Questore non spiega per quali ragioni il fatto commesso dal ricorrente in età adolescenziale, valutato favorevolmente dal Tribunale per i Minorenni di Milano, integri un giudizio prognostico sfavorevole in ordine all’affidabilità dello stesso nell’uso delle armi.
A ben vedere, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ha ritenuto che il fatto commesso dal ricorrente in concorso con altri minorenni costituisce l’espressione di una condotta tipicamente adolescenziale ed è privo di significato criminoso.
La Questura avrebbe dovuto pertanto corroborare il giudizio di inaffidabilità del ricorrente nell’uso delle armi con un’indagine attuale sulla sua personalità, atteso anche il lasso temporale intercorso tra il momento della commissione del fatto e quello di presentazione dell’istanza deve ritenersi particolarmente significativo sotto il profilo evolutivo, in quanto segna il passaggio dall’adolescenza alla maturità.
Per altro, dall’interrogatorio reso dal ricorrente al Commissariato di pubblica sicurezza, risulta che il furto della bicicletta sarebbe nato come uno scherzo di gruppo nei confronti di un compagno di scuola, determinato dalla ritorsione per la contesa di una ragazza, per il quale lo stesso si è subito pentito e, secondo quanto dichiarato nel ricorso, si è riconciliato con la vittima ed ha risarcito il danno.
Il Tar è consapevole che il giudizio prognostico sull’affidabilità nell’uso delle armi, il quale risponde ad un’esigenza preventiva e cautelare, è autonomo rispetto al giudizio effettuato dal giudice penale minorile, il quale risponde all’esigenza di prevenzione speciale sottesa alla risocializzazione del minorenne.
Esso deve tuttavia fondarsi su circostanze fattuali concrete che la Questura non ha individuato e non ha posto in relazione con la dichiarata impossibilità di instaurare con il richiedente il necessario rapporto di fiducia che l’ordinamento esige per consentire l’uso delle armi.
In conclusione, il decreto è annullato. Ricorso vinto.
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