Cosa succede a livello processuale se la Prefettura o la Questura restano inerti di fronte alla sentenza del Tar.
Quando un tribunale si pronuncia su una determinata questione in materia di armi, la sentenza definitiva deve essere eseguita da chi ha perso la causa.
Non esiste che la parte soccombente rimanga in silenzio rispetto a quanto impartito dal collegio giudicante.
Mettiamo ora il caso che sia l’amministrazione, parte soccombente, a dover eseguire quanto stabilito dal Tar.
Se il Ministero e, per esso, la sua articolazione Prefettura o Questura, si ostina a rimanere fermo senza fare nulla, ecco che è il momento per la parte vittoriosa di attivarsi e chiedere l’esecuzione della sentenza e, quando è opportuno, anche la nomina di un Commissario ad acta.
E’, nè più nè meno, quello che si è verificato in occasione di una sentenza pronunciata dal Tar Calabria.
Qui il tribunale [1] aveva per tre volte, con tre diverse sentenze, annullato i provvedimenti impugnati dalla parte privata, relativi ad un divieto di detenzione armi e alla revoca della licenza di porto di pistola per difesa personale.
Eppure il Ministero aveva ostinatamente mantenuto il silenzio, scegliendo di non eseguire l’ordine giudiziale.
Chiaro che, di fronte ad un atteggiamento così trascurato, il Ministero doveva essere anche condannato alle spese, cosa che per altro puntualmente si è verificata.
Infine, una cosa importante per chiudere: la sentenza di cui si è chiesta l’ottemperanza aveva chiarito che l’effetto conformativo della pronuncia comporta che l’amministrazione si astenga dal reiterare il divieto annullato.
Insomma: l'amministrazione non può dire no all'infinito.
[1] Tar per la Calabria Sez. Prima, sentenza n. 1365 del 05.07.2021.
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