Una singola querela per minaccia da parte di un familiare, che non viene approfondita con l’istruttoria amministrativa, non può essere utilizzata per emettere un divieto di detenzione armi a carico di chi viene denunciato.
Il Questore ti revoca la licenza di porto di fucile per uso caccia e il Prefetto ti notifica un divieto di detenzione armi.
Dicono che, a tuo carico, c’è una querela per minaccia che crea qualche problemino.
Tu, al contrario, dici che questa querela è rimasta così: cioè una pura e semplice querela non seguita da indagini specifiche tendenti a verificare se c’è stato veramente il reato denunziato.
Per altro: in sede penale hai avuto l’archiviazione da parte del Giudice di Pace e in sede amministrativa non si è saputo più niente dalla Prefettura.
Quindi, chi ha ragione? Tu o il Prefetto?
Il divieto irrogato dal Prefetto è legittimo o no?
Ebbene: hai ragione tu e ti dico anche perché il divieto di detenzione va annullato.
I tribunali italiani ti danno ragione in casi come questo in quanto, mentre da una parte sono per forza tenuti a sottolineare la famosa discrezionalità che, in ogni caso, è nelle mani del Ministero dell’Interno, dall’altra notano che sulle querele congegnate nel modo sopra spiegato manca proprio l’istruttoria successiva, oltre che una valida motivazione nel divieto di detenzione.
Dunque: se manca l’istruttoria dopo la querela, come si fa ad emettere un divieto di detenzione armi? Su quali presupposti?
Non ci si può basare, evidentemente, sulle sole parole di chi presenta la denuncia, perché la querela potrebbe essere fasulla, come del resto spesso accade.
Ecco perché in queste circostanze ti conviene partecipare attivamente al procedimento amministrativo che viene avviato dal Prefetto e presentare poi il ricorso al Tar, chiedendo ed ottenendo l’annullamento del divieto che andrai ad impugnare [1].
In definitiva: ti devi muovere bene e per tempo con l’avvocato giusto che tratta la materia quotidianamente e che, in sostanza, può assicurarti una prestazione ad alto contenuto tecnico.
[1] Tar per la Toscana Sezione Seconda, sentenza n. 966 del 24.06.2021.
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Divieto detenzione armi e querela in famiglia per minaccia
Scritto da Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani
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Francesco Pandolfi AVVOCATO
Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.
Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.
E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".
La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".
Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.
I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.
Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.
Alessandro Mariani Avvocato
data di nascita: 08/04/1972
Principali mansioni e responsabilità:
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.
www.miaconsulenza.it
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