Cosa fare se il Questore rigetta la tua istanza per il rinnovo della licenza di porto di fucile uso caccia?
La Questura, in pratica, fa le sue valutazioni, ti dice che sono aggiornate e che da queste viene fuori il tuo contesto socio-familiare che non rassicura per niente.
Come è meglio muoversi?
Indice
Il tuo primo scritto difensivo
Dunque, la Questura ti dice che non c’è garanzia sufficiente perché tu possa essere considerato persona capace di non abusare del titolo di polizia.
Ecco: diciamo che tu non sei d’accordo con questa indicazione.
Ora, come decidi di muoverti?
Quali sono le spiegazioni che dai all’amministrazione?
Ti chiederai: possibile che per loro basta un contesto familiare di un certo tipo per metterti i bastoni tra le ruote per il rinnovo della licenza (vedi anche padre sorvegliato speciale)?
Cioè, è possibile che tutto questo vale anche se non sono convivente con il mio familiare, che ha avuto magari anni e anni fa problemi con la giustizia?
Come vedi le domande sono tante, se arriva una comunicazione del questore del tipo che ti ho appena descritto.
La cosa che sappiamo è che l’Autorità di P.S. per emettere un diniego di questo tipo non ha bisogno per forza della dimostrazione dell’abuso di armi, ma gli basta la semplice possibilità che tu ne possa abusare.
Teniamo presente che il Ministero si può convincere di questa possibilità anche in presenza di semplici indizi negativi e di piccoli sospetti.
Ma allora, di fronte a tanto potere, come è meglio muoversi se, al contrario, tu non condividi quanto afferma il Questore il quale ti ha negato, secondo te appunto senza valide ragioni, il rinnovo della licenza?
La questione che torna puntualmente è: c’è o non c’è un modo per risolvere il problema?
Per rispondere allora alla domanda del titolo, ossia rinnovo porto di fucile: problemi, cioè quando è corretto che l’autorità di P.S. possa pensare che questa possibilità in effetti sussiste, tanto da dirti no sull’istanza di rinnovo della tua licenza, bisogna inevitabilmente esaminare la questione nelle sue scansioni procedurali.
Solo così, infatti, si possono dare indicazioni utili sul come è meglio muoversi.
Il tuo primo scritto difensivo
Ti consiglio di preparare una memoria difensiva, già nella fase di avvio del procedimento amministrativo per il rigetto dell’istanza: spiega e documenta nelle osservazioni il dettaglio dei fatti, per esempio che i reati di tuo padre sono stati definiti con sentenze assolutorie e che, in ogni caso, da quei dati non emerge assolutamente alcun indizio di personalità incline alla violenza.
Come dice il titolo del paragrafo, questo è il tuo primo atto difensivo.
Sappi che se questo fondamentale primo atto verrà scritto e presentato per bene, l’amministrazione non potrà ignorarlo e, almeno in teoria, dovrebbe rivedere la sua rigida posizione.
Diciamo in teoria perché, è risaputo, che la Questura abbastanza spesso si limita purtroppo a dire no quasi in automatico, pur non avendo riscontri oggettivi in mano che sconfessino quanto da te accuratamente dimostrato, ma limitandosi a riportare sul decreto quelle classiche frasi copia e incolla per capirci.
A questo punto cosa è meglio fare?
A questo punto ti consiglio di andare avanti a vele spiegate e presentare il ricorso al Tar.
In sostanza, con la necessaria collaborazione del tuo difensore devi per forza rivolgerti alla magistratura, se ambisci a dimostrare finalmente la tua ragione (vedi anche fucile uso caccia come rimediare).
Questo passaggio è cruciale, lo ripeto molte volte.
Lo so già cosa stai pensando: non tutti sono disposti a procedere con un ricorso giudiziale, questo per i motivi più svariati, giusti e comprensibili.
Il problema però è sempre quello: se manca questo ricorso la tua pratica rimane ferma al passaggio precedente.
Dunque, non ci pensare troppo se hai deciso di andare avanti con il ricorso al Tar, la prima cosa da fare è confermare la scelta di un avvocato che abbia familiarità con la materia del diritto delle armi.
Se i fatti oggetto della causa ritenuti di ostacolo dal Ministero sono, ad esempio, un reato attribuito al tuo familiare (vedi anche abuso armi) che non è neppure convivente, ecco questi fatti andranno analizzati e documentati proprio per dimostrare in modo incontrovertibile i tuoi motivi di ricorso.
Del resto è proprio quanto si è verificato in occasione di una causa davanti il Tar Palermo, dove i giudici hanno accolto appunto il ricorso della persona interessata con la sentenza n. 200/2020, pubblicata il 22.01.2020.
In questo caso specifico il Tar, ancora una volta e come già in altre occasione analoghe ha fatto, ha voluto semplicemente dire che la motivazione del provvedimento è inadeguata quando afferma che il solo legame di parentela con il padre (sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale della P.S. più di trent’anni fa) non si concilia con la detenzione e l'uso di armi: si tratta infatti di una circostanza di fatto senza alcuna evidente o plausibile relazione con il pericolo che il ricorrente possa abusare delle armi; e ciò a maggior ragione dove nemmeno sussiste un rapporto di convivenza con il medesimo.
L’Amministrazione non ha, in sostanza, esaminato e valutato nessuno degli elementi di fatto evidenziati dalla persona interessata non convivente e, inoltre, manca qualsiasi riferimento alla personalità della medesima sulla scorta della quale poter formulare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità (vedi anche come incide reato).
Altre informazioni?
Contatta l’Avv. Francesco Pandolfi
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