Quante volte ci si domanda se la nostra legge prevede o meno un diritto a dotarsi di un’arma da difesa? E’ previsto o no un diritto all’autotutela nei casi di estrema necessità, quando ogni altra via di difesa è preclusa? Si può pensare ad un diritto “privilegiato” a dotarsi dell’arma per tutti coloro che hanno già il porto d’armi ad uso sportivo o licenza di caccia?
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La materia è complicata, controversa e rigida.
In questo post trovi una panoramica sulle norme e, poi, alcune proposte.
Diciamo che lo stato attuale della legge italiana, in sintesi, è il seguente.
L’arma per difesa personale deve essere una necessità reale e non un'opzione personale per situazioni meramente ipotetiche.
Quando l'art. 42 comma 3, t.u.l.p.s. concede all'autorità la facoltà di autorizzare il porto d'armi, il presupposto è il "dimostrato bisogno" per poter beneficiare di un'eccezione.
Il requisito del dimostrato bisogno va dimostrato in concreto.
In sostanza si deve analizzare l'attività della persona e verificare se lo svolgimento di detta attività integra il corretto esercizio del potere discrezionale, nei limiti in cui esso è sindacabile.
Per superare il generale divieto per il cittadino di portare armi è onere di chi chiede dimostrare quelle particolari esigenze che determinano la necessità di munirsi dell'arma.
Nella legga italiana attuale non c’è un automatismo fondato sul presupposto che la licenza di porto di pistola per difesa personale sia stata già rilasciata in passato, in quanto nell'emanazione dell'atto di rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale l'Autorità amministrativa ha il potere di riesaminare interamente la questione, esprimendo nuove e diverse valutazioni, che possono anche dar vita a una decisione diversa.
Quante volte abbiamo sentito parlare di decisioni più restrittive adottate dall’amministrazione, dopo il cambiamento di certe politiche?
Con riguardo alla licenza di porto pistola per difesa personale si deve, infatti, rammentare quanto segue.
L'art. 42 t.u.l.p.s. stabilisce che il Questore ha facoltà di dare licenza per porto d'armi lunghe da fuoco e il Prefetto ha facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati la cui lama non abbia una lunghezza inferiore a centimetri 65. La licenza, la cui durata non sia diversamente stabilita dalla legge, ha validità annuale.
Come abbiamo prima anticipato la norma subordina il rilascio, da parte del Prefetto, della licenza di porto d'armi all'esistenza di un "dimostrato bisogno", sul presupposto che detta licenza ha carattere eccezionale.
E’ infatti principio generale dell'ordinamento quello per cui la tutela dell'incolumità personale e dei beni contro i delitti è riservata istituzionalmente alle Forze di polizia, mentre l'autotutela può essere consentita soltanto nei casi di estrema necessità, ove ogni altra via sia preclusa.
Con la conseguenza che il provvedimento con il quale il Prefetto ritiene insufficienti le condizioni per il rilascio è criticabile davanti un giudice solo sotto i profili della manifesta illogicità e del palese travisamento dei fatti, anche considerato che il dimostrato bisogno del porto d'armi deve integrare un’eccezionale necessità di autodifesa, non altrimenti surrogabile con altri rimedi, in quanto costituisce una deroga al divieto sancito dall'art. 699 del codice penale e dall'art. 4, comma 1, della L. n. 110 del 1975.
L'autorità competente quindi, ogni qual volta esamina un'istanza di rinnovo formula una valutazione attuale degli interessi pubblici e privati coinvolti e tiene conto delle contestuali esigenze di salvaguardia dell'ordine pubblico.
Pertanto, alcune volte le esigenze emerse in occasione di un precedente rinnovo possono risultare diverse da quelle successive.
Ad esempio, una decisione difforme da precedenti provvedimenti può dunque risultare, se non dalla intervenuta modifica dei presupposti di fatto sui quali è in precedenza stato concesso il rinnovo del titolo, da un maggior rigore al quale gli organi del Ministero dell'Interno ritengono di sottoporre la disamina dell'istanza di rilascio del porto d'armi.
Vero è, poi, che nei casi in cui nulla sia mutato rispetto alle precedenti condizioni di rilascio, un’eventuale no sul rinnovo dovrebbe essere accuratamente motivato: se non dovesse esserlo, allora si aprirebbe la via del ricorso per la persona interessata.
Tutto questo è, in estrema sintesi, un po’ il quadro generale astratto dello stato dell’arte di norme e giurisprudenza nel nostro Paese sulla questione.
Volendo, ora, passare ad osservazioni più legate alla pratica, riporto qui le riflessioni in un post di qualche tempo fa di Concezio Alicandro Ciufelli, quando immaginava e proponeva la realizzazione compiuta di un vero e proprio diritto al porto d’armi da difesa.
A tal proposito diceva quanto segue.
I porti d’arma da difesa concessi sono solo 19.000 (oggi 18.000), per una popolazione di circa 60 milioni di abitanti, inoltre tendenzialmente non vengono rinnovati neppure i vecchi. Chi si volesse difendere da un’aggressione non può farlo in maniera seria: può chiedere certo aiuto alle forze dell’ordine ma in queste situazioni ogni secondo appare prezioso e nell’immediatezza non vi è praticamente nessuna chance di essere aiutati (oltre questo negli ultimi anni le forze dell’ordine hanno subito dei tagli).
In Italia da qualche anno vi è la possibilità di acquistare presso armerie e non solo gli spray al peperoncino.
Cerchiamo ora di capire se tali mezzi possano essere d’aiuto. Gli spray in Italia di libero acquisto e libero porto ovvero quelli conformi al D.M. 12 Maggio 2011, 103 non sono gli stessi in quanto ad efficacia di quelli ampiamente diffusi nella gran parte dei paesi Europei come Francia, Germania ed extra Europei (USA ad esempio).
Le bombolette in Italia sembrano essere più un palliativo che altro infatti:
Il contenuto di capsicum non può superare il 10%;
il contenuto della bomboletta non può essere sopra i 20 ml;
Il getto non può andare oltre il 3 metri, con il rischio in caso di trovarsi controvento di proiettarselo in faccia!(all’estero si arriva a 4/6 metri).
Per non parlare di un altro strumento less lethal che potrebbe essere utilizzato da difesa (secondo me più come deterrente visivo che altro comunque), lo Stungun o dissuasore elettrico.
Qui ancora peggio che per gli spray al capsicum: in Italia gli Stungun possono essere acquistati solo con porto d’armi e non essere portati fuori dell’abitazione.
All’estero in molti paesi come Francia, Germania, Repubblica Ceca, Russia sono di libera vendita ai maggiorenni.
Le aggressioni avvengono sempre, e a volte non sono neanche tutte riportate dalla stampa.
Le donne sono poi quelle a rischiare di più perché possono essere aggredite non solo a scopo di rapina ma per stupro.
Poter portare con sé un’arma avendone i giusti requisiti si tradurrebbe in un calo di aggressioni, peraltro, la maggior parte senza dover neppure sparare, in quanto la deterrenza di un’arma corta, anche il solo mostrarla può porre fine ad un aggressione senza ferimenti da entrambe le parti.
Quindi riassumendo la situazione italiana in poche righe:
1) porti d’arma da difesa sempre meno,
2) mezzi alternativi seri per difendersi non ci sono. Però attenzione: ai Prefetti e Magistrati è permesso portare armi senza nessun titolo.
I politici continuano a godere del privilegio delle loro costose e numerose scorte armate.
Ciufelli proponeva, poi, quanto segue: il porto d’armi da difesa dovrebbe essere di più facile accesso per tutti i cittadini che abbiano gli stessi requisiti per l’ottenimento per il porto d’armi ad uso sportivo o licenza di caccia.
Si potrebbe proporre, al rinnovo del porto d’armi ad uso sportivo, la possibilità di integrare il porto d’armi da difesa (questo perché la persona in sei anni ha dimostrato responsabilità ed inoltre si eviterebbe di darlo ad un diciottenne).
Nel caso non si avesse il porto d’armi ad uso sportivo ma età maggiore di 24 anni, si potrebbe ottenere il porto d’armi da difesa ma con controlli annuali su alcool e droga per i primi tre anni.
Chi lo aveva e non gli è stato più rinnovato deve riaverlo.
Altre informazioni? Chiama Avv. Francesco Pandolfi 3286090590.