Venerdì, 30 Ottobre 2020 18:40

Armi: valutazioni sbagliate della Prefettura e ricorso

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La presenza di una querela, utilizzata dalla Prefettura per il divieto di detenzione armi o per altri provvedimenti, impone all’ufficio di accertare il contenuto della stessa.

 

 

 

Divieto detenzione armi e querela

Tar Catania sezione 4, sentenza 2676/20

Il caso

Accoglimento del ricorso

In pratica

 

 

 

Divieto detenzione armi e querela

Nella casistica giudiziale si assiste più di qualche volta a situazioni dove c’è l’emanazione di un divieto detenzione armi da parte del Ministero dell’Interno senza che, però, l’ufficio preposto avvia svolto alcuna ricerca sulla veridicità, o meno, del contenuto della querela sporta contro la persona destinataria del divieto.

 

Così facendo, l’amministrazione finisce per dare alla luce un atto imperfetto, dal momento che omette quell’istruttoria necessaria utile a comprendere a fondo l’accaduto posto a base del divieto.

 

In effetti: se c’è una querela, ciò non significa che quanto riportato nella stessa sia, in automatico, per forza vero o attendibile.

 

 

 

Tar Catania sezione 4, sentenza 2676/20

Ultimamente, ad occuparsi della questione è stata la Quarta Sezione del Tar per la Sicilia sez. staccata di Catania, con la sentenza n. 2676/2020 pubblicata in data 20.10.2020.

 

Vediamo, dunque, un po’ più da vicino la fattispecie esaminata e risolta favorevolmente per il ricorrente.

 

 

 

Il caso

A seguito di un procedimento penale nato da una querela, veniva revocata da parte dell’Amministrazione di P.S. la licenza di porto di pistola, la licenza per esercitare l’attività di Direttore/Istruttore di Tiro e veniva disposto il divieto di detenere armi e munizioni.

 

Il Gip disponeva l’archiviazione del procedimento a carico, atteso che le affermazioni del querelante non avevano avuto alcun riscontro probatorio; dall’altra parte veniva disposto il rinvio a giudizio dell’altra persona per il reato di calunnia, in relazione all’esposto querela presentato contro l’antagonista.

 

A seguito dell'archiviazione del procedimento penale a proprio carico, l’interessato chiedeva l’annullamento in autotutela dei provvedimenti amministrativi a suo carico, senza però ottenerlo.

 

Presentava, quindi, il ricorso alla magistratura.

 

 

 

Accoglimento del ricorso

Il ricorso viene ritenuto meritevole di accoglimento.

 

Il succo della decisione è il seguente.

 

La giurisprudenza prevalente in materia, se, da un lato, riconosce, ai sensi degli artt. 11, 39 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, rispettivamente al Prefetto e al Questore, la facoltà di valutare la piena e assoluta affidabilità con ampia discrezionalità, dall’altro impone che tale potere venga esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell'adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi.

 

La conseguenza è che il pericolo di abuso delle armi non solo deve essere provato, ma richiede una adeguata valutazione non del singolo episodio ma anche della personalità del soggetto sospettato che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità.  

 

Dunque il giudizio prognostico deve essere effettuato sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto, al fine di verificare il potenziale pericolo rappresentato dalla possibilità di utilizzo delle armi possedute.  

 

Pertanto, pensando al fatto che a fondamento del decreto si è posta la sola querela sporta nei confronti del ricorrente, si sarebbe imposto un approfondimento istruttorio che, appunto, non c’è stato.  

 

 

 

In pratica

Chi riceve la notifica di un divieto detenzione armi, deve verificare sempre che il provvedimento sia adeguatamente motivato. Se dovesse mancare in tutto o in parte questa motivazione, potrà essere presentato il ricorso al Tar.

 

 

 

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Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
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