Divieto detenzione armi e munizioni per soggetto recidivo nel commettere reati con l'abuso delle armi in suo possesso; denuncia per omessa custodia di armi e munizioni e per aver omesso di denunciare il trasferimento di armi e munizioni in luogo diverso da quello prescritto e, in precedenza, per aver esploso colpi d'arma da fuoco in centro abitato, inoltre per aver procurato lesioni personali con conseguente emissione di divieto detenzione armi, successivamente revocato.
Il 15.01.2021 la Prima Sezione del Tar Sicilia ha pubblicato la sentenza n. 137/2021, con la quale ha accolto il ricorso presentato da una persona per la richiesta di annullamento della nota con la quale la Prefettura ha respinto un’istanza di revoca del divieto di detenzione armi.
Dunque, il fatto in sintesi è questo.
Il ricorrente otteneva la licenza di porto di fucile per uso caccia. Successivamente i Carabinieri proponevano l'adozione del provvedimento di divieto detenzione armi e munizioni nei suoi confronti, perché soggetto recidivo nel commettere reati con l'abuso delle armi in suo possesso, essendo stato lo stesso denunciato per omessa custodia di armi e munizioni e per aver omesso di denunciare il trasferimento di armi e munizioni in luogo diverso da quello prescritto e, in precedenza, per aver esploso colpi d'arma da fuoco in centro abitato e per aver procurato lesioni personali con conseguente emissione di divieto detenzione armi, successivamente revocato.
Nel suo ricorso la persona interessata lamenta che il provvedimento veniva adottato nonostante il ricorrente avesse puntualmente chiarito, con apposita memoria, che il fucile asseritamente non custodito e trasferito dal luogo autorizzato, era stato in verità prelevato dalla propria dimora e momentaneamente custodito nella casa di campagna per qualche giorno.
Inoltre mette in risalto che la vicenda, in sede penale, si risolveva con l’estinzione del reato a seguito del versamento della somma dovuta a titolo di oblazione. Sicchè la circostanza dell’omessa custodia veniva superata e sanata con l’ammenda pagata.
Altresì, l’ulteriore motivazione relativa alla mera parentela con il fratello detenuto, a dire del ricorrente, non avrebbe potuto influire sulla condotta irreprensibile e rispettosa sempre mantenuta, tanto che la medesima circostanza non aveva precluso, all’inizio, il rilascio della licenza, poi, revocata, nella considerazione che, anche al momento del rilascio dell’originaria licenza, il fratello del ricorrente era già da tempo detenuto.
I giudici sono in accordo con la tesi del nostro interessato.
Dicono: l’unico fatto effettivamente valorizzato dalla Prefettura, che potrebbe rilevare dal punto di vista temporale rispetto alla precedente concessione della licenza di porto di fucile per uso caccia, è la denuncia del ricorrente per omessa custodia di armi e munizioni a causa del trasferimento di armi e munizioni in luogo diverso da quello ufficialmente denunciato.
C’è da evidenziare, però, come tale fatto, per un verso, si ricollegherebbe ad un momentaneo trasferimento del fucile dal luogo autorizzato nella propria casa di campagna avendo cura il ricorrente, tuttavia in tale frangente, di custodire lo stesso in una camera chiusa e non accessibile; per altro verso, avrebbe dato luogo a vicenda penale risoltasi con l'estinzione del reato per oblazione.
Invece, pare certamente irrilevante la circostanza valorizzata nella motivazione della PA e relativa alla posizione del fratello detenuto che risale a tanti anni fa, fatto già oggetto di valutazione o comunque da prendere in considerazione al momento del rilascio dell’originaria licenza.
Insomma, a parere del Collegio i fatti penali contestati non rivestono tale allarme sociale per le stesse modalità in cui si sono concretizzati e sono stati poi definiti nella loro sede giudiziaria.
Ciò detto, se da un lato è vero che nella materia l’amministrazione gode di un ampio potere discrezionale, ciò non di meno tale potere deve esercitarsi secondo criteri di ragionevolezza e di non contraddizione.
In conclusione: il ricorso è accolto in quanto gli atti della Prefettura sono carenti nella motivazione, ossia basati su un’istruttoria insufficiente per poter sorreggere il giudizio di inaffidabilità.
Vista la vicenda, se ti trovi in una situazione analoga a questa, ti consiglio di non fermarti se leggi anche tu un provvedimento amministrativo che pecca nella motivazione, ma vai avanti piuttosto con il ricorso.
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