Cosa accade quando c’è l’archiviazione di un procedimento penale per lesioni, ma la Prefettura emette lo stesso il divieto di detenzione armi.
In una situazione di questo tipo accade, molto semplicemente, che il tribunale amministrativo nota la carenza istruttoria da parte del Ministero dell’Interno ed, accogliendo il ricorso del privato, annulla il divieto di detenzione armi.
Come spesso facciamo, si parte da un esempio.
Una persona, anni fa, rimane coinvolta suo malgrado in una lite: in quell’occasione reagisce ad un’aggressione con calci e spinte, causando lesioni all’antagonista.
Stiamo parlando di una persona normalissima, non certo abituata a gestire momenti di tensione con l’aggressività: in pratica, gli capita di avere quell’alterco in quell’occasione.
Dopo niente, mai più nulla.
Ora, in sede penale il procedimento per lesioni viene archiviato per inattendibilità del quadro probatorio, vista l’insufficienza di elementi per dimostrare la condotta aggressiva unilaterale da parte della nostra persona.
In sede amministrativa, invece, il Ministero dell’Interno non vuole saperne e respinge la richiesta di annullamento in autotutela del divieto di detenzione armi emesso: in sostanza ritiene che la condotta aggressiva posta in essere dall’interessato sia comunque da ritenersi, al di là dell’esito della vicenda penale, sintomatica di scarso equilibrio e autocontrollo.
Stando così le cose, si passa giocoforza al ricorso avanti il Tar: altre strade non ci sono.
I saggi magistrati si comportano elegantemente [1], non potendo fare a meno di evidenziare che le valutazioni espresse dalla Prefettura si basano su una ricostruzione dei fatti non del tutto attendibile e incoerente, rispetto a quanto risulta essere accaduto in sede penale.
Cioè, a dire: i tratti dell’episodio, pur se caratterizzato da profili di intemperanza e animosità aggressiva non bastano a descrivere un indice di scarso equilibrio ed autocontrollo, proprio per la considerazione che la dinamica dei fatti non è rimasta accertata e ben chiarita nella sede penale.
Per esempio: considerata l’incertezza nelle prove in penale, quell’episodio ben potrebbe aver assunto i contorni dell’alterco subito e non provocato.
Per altro, a quell’incertezza si va a sommare la sostanziale unicità nel vissuto della persona in questione di episodi come quello descritto.
Elemento questo che, di regola, fa si che il giudizio amministrativo si basi necessariamente sulla complessiva condotta di vita del soggetto e, nel quadro di questa più ampia valutazione, giunga a non travisare i fatti.
In conclusione: le conclusioni avventate dell’amministrazione spesso posso fare danno, ragion per cui in tutti i casi dove il divieto di detenzione armi risulti agganciato a valutazioni superficiali del fatto, si consiglia vivamente di presentare il ricorso al tribunale amministrativo competente per territorio.
[1] Tar Piemonte Sezione Prima, sentenza n. 351/21 pubblicata in data 29.03.2021.
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Avv. Francesco Pandolfi
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