Divieto detenzione armi. Le condanne per fatti che non rilevano sul porto di fucile sono importanti o insignificanti?
Non tutti i fatti penalmente rilevanti, quale che sia il livello di certezza raggiunto in sede giudiziaria, possono essere ugualmente significativi ai fini del giudizio ex art. 39 del T.U.L.P.S., cioè di quel giudizio in base al quale il Prefetto ha la facoltà di vietare la detenzione delle armi.
Vediamo, a questo proposito, cosa ne pensa il tribunale amministrativo [1].
Come premessa possiamo dire che la facoltà di detenere e portare armi corrisponde ad un interesse del privato cedevole di fronte al ragionevole sospetto di abuso della facoltà medesima.
Secondo la Legge attuale l’Amministrazione può legittimamente negare la detenzione e il porto d’armi, anche qualora la condotta dell’interessato presenti soltanto segni di pericolosità o semplici indizi di inaffidabilità.
Insomma: ai fini della revoca o del diniego dell’autorizzazione possono assumere rilevanza anche fatti isolati, ma significativi, potendo altresì l'Amministrazione valorizzare nella loro oggettività sia fatti di reato diversi, sia vicende e situazioni personali del soggetto che non assumano rilevanza penale, concretamente avvenuti, anche non attinenti alla materia delle armi, da cui si possa desumere la non completa “affidabilità” all’uso delle stesse.
Tutto questo in generale e come premessa.
Da un altro punto di vista, in tema di divieto di detenzione e porto d'armi il potere discrezionale della Pubblica amministrazione va esercitato nel rispetto dei canoni tipici dell’esercizio della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e ragionevolezza.
Quindi la motivazione deve dare conto dell'istruttoria espletata al fine di evidenziare circostanze di fatto in ragione delle quali la persona in questione sia ritenuta pericolosa o comunque capace di abusi.
Nella materia in esame il giudizio prognostico deve essere effettuato sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nella concreta fattispecie, al fine di verificare il potenziale pericolo rappresentato dalla possibilità di utilizzo delle armi possedute, e deve estrinsecarsi in una congrua motivazione, che consenta in causa di verificare la sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie.
Ciò premesso, è stato affermato che non tutti i fatti penalmente rilevanti (quale che sia il livello di certezza raggiunto in sede giudiziaria) possono essere ugualmente significativi ai fini del giudizio ex art. 39 del T.U.L.P.S.
Infatti:
- quando risultino reati, o imputazioni di reati, commessi proprio mediante l’uso o l’abuso delle armi, l’inaffidabilità del soggetto emerge da sola, cosicché il divieto di detenzione delle armi non richiede, in genere, altra motivazione;
- in altri casi, pur mancando una diretta relazione con l’uso delle armi, si potrà sostenere che taluni reati siano rilevanti ai fini del divieto, siccome indicativi di una personalità portata alla violenza fisica contro le persone;
- infine, la cosa che più ci interessa: per tutti quei reati nei quali non solo manca l’impiego delle armi, ma che neppure danno, almeno in prima approssimazione e secondo il comune sentire, alcuna indicazione indiretta riguardo ad una supposta propensione all’abuso delle medesime, la possibilità di trarne elementi di valutazione ai fini del divieto, se non è esclusa in radice, quanto meno è remota e legata a particolari contingenze, da indicare per bene in motivazione.
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[1] Tar Catania, Sezione Prima, sentenza n. 3084 pubblicata in data 11.10.2021.
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