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Venerdì, 30 Giugno 2023 17:22

Rigetto porto d'armi uso venatorio

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La Questura rigetta una domanda di rilascio della licenza di porto di fucile ad uso caccia.

 

 

Un “no” dovuto ad alcuni precedenti della persona: si tratterebbe, in particolare, di episodi e fatti commessi quando l’interessato era solo un ragazzo, in ogni caso non legati all’uso dell’arma.
Da tanto scaturirebbe, per l’amministrazione, l’inaffidabilità del richiedente.

Ora, al verificarsi di una situazione di questo tipo, sul rigetto si può presentare il ricorso in quanto le vicende del passato, ritenute pregiudizievoli, in realtà non bastano per sostenere le ragioni del diniego, trattandosi di fatti per altro non legati all’uso delle armi in modo specifico.
Come in altri casi analoghi, la conferma di questo principio proviene dal Tar Milano, il cui Collegio si è pronunciato con la sentenza n. 1028 del 20.03.2019 e pubblicata l’08.05.2019.

La questione pratica racchiude alcune regole, sempre utili da tenere a mente.

 

Indice:

- Quando il provvedimento amministrativo è ricorribile?

 

- Quando le violazioni del passato non hanno significato per la licenza?

 

- Cosa deve fare la Questura prima di rigettare la domanda di rilascio?

 

- Cosa può fare il Tar sul rigetto della domanda di rilascio?

Il decreto di rigetto è ricorribile quando gli elementi addotti a giustificazione del diniego impugnato non sono significativi per il rilascio della licenza di porto d'armi.

 

- Quando le violazioni del passato non hanno significato per la licenza?

Quando tali elementi hanno poco o scarso significato, poiché le passate infrazioni appaiono del tutto estranee alla materia delle armi e, perciò, nulla possono dire in ordine alla possibilità che l'interessato abusi del titolo di polizia rispetto al requisito della buona condotta.Stessa cosa dicasi per eventuali altri procedimenti penali avviati a seguito di denuncia: qui bisogna verificare se si tratta di semplici denunce mai approdate ad un esito chiaro dal punto di vista dell’accertamento dei fatti, oppure se si tratta di procedimenti che hanno avuto un esito condannatorio.
Nel primo caso, non c’è motivo di attribuire un significato negativo a quelle denunce in quanto si tratta, appunto, di semplici denunce e non di accertamenti definitivi di un fatto ritenuto reato.

- Cosa deve fare la Questura prima di rigettare la domanda di rilascio?

Deve effettuare un accertamento reale dell'incidenza dei fatti elencati sui giudizi di inaffidabilità nell'uso delle armi;
deve interpretare correttamente l’eventuale risposta data dai Carabinieri alla richiesta di informazioni;
deve effettuare ulteriori accertamenti istruttori se ha ancora dubbi sull’affidabilità della persona interessata.

- Cosa può fare il Tar sul rigetto della domanda di rilascio?

Il Tar, quando si trova di fronte ad un quadro come quello descritto, annulla il decreto del Questore ed impone all’amministrazione un riesame della pratica di rinnovo della licenza.
Inoltre, condanna l’amministrazione alle spese di lite.
Utile ed interessante, a questo proposito, riportare qui un passo della sentenza in commento:

“non tutti i fatti penalmente rilevanti possono essere ugualmente significativi ai fini che ci occupano, con la conseguenza che qualora risultino reati commessi proprio mediante l'uso (o l'abuso) delle armi, l'inaffidabilità del soggetto emerge ictu oculi, sicché i provvedimenti ostativi non abbisognano, in genere, di altra motivazione, mentre quanto più ci si allontana da detta ipotesi, tanto più esauriente dovrà essere la motivazione con la quale si dia conto delle ragioni per cui un determinato fatto illecito sia stato ritenuto significativo, essendo a fortiori, in tali casi, necessario che il provvedimento con cui viene disposto il diniego sia fondato su una valutazione del comportamento complessivo del soggetto interessato (TAR Campania, V, 06/07/2016, n. 3423)”.

 

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Ovviamente è sempre possibile contattare direttamente studio Pandolfi & Mariani all’utenza mobile:

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Letto 2254 volte Ultima modifica il Giovedì, 14 Dicembre 2023 14:10
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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