Il principio del “one shot” temperato prevede che l’Amministrazione militare, dopo l’annullamento di un suo atto, possa rinnovare il procedimento una sola volta.
Un Ufficiale, in sede di note caratteristiche, riceve la qualifica di superiore alla media.
Pare che, pur dotato di ottimo bagaglio culturale e preparazione professionale, abbia risentito dei disagi causati dalla sede e dagli incarichi assegnatigli.
Il militare avvia dunque il ricorso [1].
Percorse le fasi iniziali della causa, emerge davanti i giudici di appello il difetto di motivazione del provvedimento dell’amministrazione, infatti: di fronte a schede valutative precedenti ampiamente elogiative e di fronte a valutazioni finali sempre apicali, la scheda in questione improvvisamente degrada il giudizio su aspetti delle qualità personali e professionali dell’Ufficiale che, di regola, si devono ritenere stabili.
Insomma, il Collegio parla chiaramente di incoerenza tra il nuovo giudizio finale e le voci interne della scheda che subiscono appannamenti, non comprendendosi come l’insoddisfazione per la sede ed incarichi possa negativamente riflettersi su doti che, stando alle precedenti schede, sono lo stabile e consolidato bagaglio personale e professionale dell’Ufficiale.
A questo punto i giudici accolgono il ricorso ritenendo nulla la nuova valutazione formulata dall’Amministrazione.
Mettono in evidenza il contraddittorio comportamento dei compilatori, i quali modificano il giudizio su voci interne del tutto estranee al giudicato e non toccate dalla controversia precedente.
Inoltre, dimostrano di non seguire le linee dettate dalla sentenza che ha annullato la scheda.
In definitiva il pensiero del Consiglio di Stato è semplice e lineare: una volta annullato il proprio atto, l’Amministrazione può rinnovare il procedimento per una sola volta riesaminando l’affare nella sua interezza, senza poter tornare a decidere in senso sfavorevole neppure su profili non ancora esaminati.
Se fosse vero il contrario la P.A., dopo una sentenza di annullamento, potrebbe negare all’infinito e a suo piacimento il provvedimento favorevole, attraverso atti sempre diversamente motivati, finendo così per svuotare di senso la tutela giudiziale del militare.
[1] C.d.S. Sez. Quarta, sentenza n. 3095 del 15.05.2020.
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