Il caso
In occasione di un parto cesareo, per la precisione di un secondo parto, una giovane donna viene ricoverata in clinica per partorire, ma il risultato dell’operazione non è affatto felice.
Purtroppo, per tutta una serie di negligenze mediche consistite in condotte non conformi al comune protocollo sanitario adottato per questi casi, il bambino vede la luce in condizioni di salute definitivamente compromesse.
Che cosa hanno fatto i medici
Dall’esame del fascicolo di causa, pare che i sanitari si siano resi responsabili di condotte poco professionali.
In pratica, la cartella clinica di ingresso non riporta i consueti controlli che si fanno in occasione del parto, ossia tre tracciati e tre visite di controllo nel periodo compreso tra il ricovero e il parto: quello che risulta è solo una diagnosi di asfissia senza descrizione del liquido amniotico, della placenta, del funicolo, delle membrane e così via.
E’ quindi mancato il corretto monitoraggio.
In effetti, un periodico monitoraggio avrebbe permesso di sospettare l’insorgenza del grave problema del nascituro, ossia l’evidenza dell’insulto ipossico/ischemico perinatale: in questo modo si poteva effettuare la tempestiva esecuzione dell’intervento di taglio cesareo.
Il nesso causale tra condotte mediche ed evento dannoso
La condanna della Asl
In buona sostanza, la condanna della Asl è basata su tre fondamentali elementi:
- non aver prestato la corretta vigilanza,
- non aver effettuato il monitoraggio della paziente,
- non aver eseguito tempestivamente il taglio cesareo nelle condizioni di insorta sofferenza.
Il risarcimento
E’ stato ingente, come è giusto che sia un caso particolare come questo.
Il Giudice, di fronte ad un’invalidità permanente del 100%, assegna 1,5 mln applicando le Tabelle milanesi ultime. Inoltre liquida euro 400mila per interessi.
Poi si preoccupa di liquidare il danno patrimoniale futuro da perdita totale della capacità lavorativa e procede in questo modo: agganciandosi all’art. 2057 del codice civile, stima in euro 1344 mensili la rendita dovuta -a partire dal 18° anno di età del minore- a ciascun genitore, aggiornata annualmente con indice FOI.
Altresì, accorda loro il risarcimento del danno alla vita di relazione con euro 300 mila, ritenendo la loro sofferenza del tutto simile a quella del minore.
In pratica
La salute di ogni individuo è sacra e protetta da norme di rango comunitario e costituzionale; il medico è chiamato alla vigilanza sulle condizioni di salute delle persone e al miglioramento delle stesse laddove si presentino casi problematici.
La struttura ospedaliera risponde di questi danni; a tal proposito, trovandosi in una situazione dove si sospetta o si ha la certezza che la condotta dei sanitari non sia stata proprio conforme al modello legale previsto, nominare un difensore per l’avvio della fase del tentativo di conciliazione e successivo eventuale invio dell’atto di costituzione in mora, seguito se occorre dalla fase processuale vera e propria.
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