La tutela della genitorialità
Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda e limitato a casi o esigenze eccezionali. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione.
Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, le amministrazioni militari e forze di polizia, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI.
Si tratta di un istituto a carattere temporaneo, che non incide in maniera definitiva sulla sede di assegnazione di chi ne beneficia.
Infatti cessa automaticamente con il superamento dell'età indicata dalla legge; lo scopo evidente è quello di agevolare l'espletamento delle responsabilità genitoriali nell'arco temporale in cui il minore è appena nato e di fruire, al contempo, del relativo status.
La sua finalità si iscrive, quindi, nel solco della tutela costituzionale (art. 30 e 31 Cost.) e sovranazionale (art. 24, comma 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; art. 3 della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia con legge del 27 maggio 1991, n. 176, depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre 1991) della genitorialità e del correlato interesse del minore a beneficiarne.
La norma individua il suo ambito soggettivo di applicazione, attraverso il richiamo effettuato dall'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001, a "tutte le amministrazioni dello Stato", essendo altresì pacificamente assodata la sua operatività anche nei casi di mobilità interna ad una stessa amministrazione.
L'ampiezza di questo richiamo è in grado di dissipare ogni dubbio circa la latitudine applicativa della misura prevista a tutela della genitorialità, in ragione del canone ermeneutico sancito dall'art. 12 disp. prel. c.c. che richiama quale regola cardinale dell'interpretazione giuridica il "senso... fatto palese dal significato proprio dalle parole secondo la connessione di esse...", che, nel caso in esame è obiettivamente univoco.
Tale approdo ermeneutico, invero, si impone con ancora più evidenza, operando un'interpretazione orientata dalle norme costituzionali e sovranazionali sopra richiamate e in base ad un'interpretazione teleologica del disposto normativo, che devono indurre l'interprete ad estenderne la portata applicativa e non a restringerla.
Peraltro, si profilerebbe più di un sospetto di incostituzionalità (per disparità di trattamento e manifesta irragionevolezza, ex art. 3 Cost.), laddove si accogliesse un'interpretazione restrittiva del novero delle amministrazioni i cui dipendenti possono invocare la misura ivi indicata, ciò in precipua considerazione della circostanza che, a fronte di alcune norme riferite a settori speciali - quale, ad es., l'ordinamento militare, in cui la tutela, risulta espressamente invocabile per il combinato disposto dell'art. 42 bis cit. e dell'art. 1493 cod. ord. mil. (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66) - ve ne sarebbe altre, connotate da una minore peculiarità e specialità, eppure escluse dalla sua applicazione.
Può dunque considerarsi oramai superato l'orientamento più risalente del Consiglio di Stato (a far data da Cons. Stato, Sez. IV, 10 luglio 2007 n. 2007; Sez. VI, 25 maggio 2010 n. 3278; Sez. VI, 14 ottobre 2010 n. 7506; Sez. III, 26 ottobre 2011 n. 5730; ma, da ultimo, anche le decisioni [in verità isolate e motivate solo ob relationem ai su menzionati precedenti], di cui alle sentenze Sez. III, 29 agosto 2018 n. 5068 e Sez. III, 21 marzo 2019 n. 1896), che ha escluso dall'applicazione dell'istituto dell'assegnazione temporanea quelle Amministrazioni che svolgono compiti nei settori della pubblica sicurezza e della tutela dell'ordine pubblico, non soltanto in virtù delle superiori considerazioni, ma anche in ragione delle ulteriori meditate argomentazioni esposte da questo Consiglio (si vedano, Cons. Stato, Sez. VI, 1 ottobre 2019, n. 6577; Sez. II, 26 agosto 2019 n. 5872; Sez. IV, 30 ottobre 2017 n. 4993; Sez. IV, 14 ottobre 2016 n. 4257; Sez. IV, 23 maggio 2016 n. 2113; Sez. IV, 14 maggio 2015 n. 2426; Sez. III, 16 dicembre 2013 n. 6016; Sez. III, 16 ottobre 2013 n. 5036; Sez. IV, 10 luglio 2013, n. 3683; Sez. VI, 21 maggio 2013 n. 2730).". (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 7 febbraio 2020, n. 961).
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