La persona con handicap è destinataria di specifiche tutele nel nostro Ordinamento: si tratta di un meccanismo giuridico protettivo di rilievo costituzionale.
La norma di riferimento è l’art. 33 della L. 104/92, Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone in difficoltà.
Norma che attiene alle agevolazioni e provvidenze riconosciute, quale espressione dello Stato sociale, in favore di coloro che si occupano dell'assistenza nei confronti di parenti disabili.
Tale impianto si basa sul fatto che il ruolo delle famiglie resta fondamentale nella cura e nell'assistenza dei soggetti portatori di handicap (Corte Cost. n. 213 del 2016; n. 203 del 2013; n. 19 del 2009; n. 158 del 2007 e n. 233 del 2005).
L'assistenza del disabile e, in particolare, il soddisfacimento dell'esigenza di socializzazione, in tutte le sue modalita' esplicative costituiscono fondamentali fattori di sviluppo della personalita' e idonei strumenti di tutela della salute del portatore di handicap, intesa nella sua accezione piu' ampia di salute psico-fisica (Corte Cost. n. 213 del 2016; n. 158 del 2007 e n. 350 del 2003).
Il diritto alla salute psico-fisica, comprensivo dell’assistenza e della socializzazione, va dunque garantito e tutelato al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale per la quale, ai sensi dell'articolo 2 Cost. deve intendersi "ogni forma di comunita', semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico" (Corte Cost. n. 213 del 2016; n. 138 del 2010), ivi compresa appunto la comunita' familiare.
Con riferimento ai permessi lavorativi retribuiti disciplinati dalla legge in esame, la disposizione stabilisce quanto segue:
A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di piu' persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravita' abbiano compiuto i 65 anni di eta' oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
Questo è il quadro generale.
Un aspetto specifico è quello relativo alla questione sorta, per alcune amministrazioni, in ordine alla gestione mensile dei permessi.
Per ciò che riguarda l’applicazione della disposizione in commento al settore dei dipendenti delle amministrazioni militari, il criterio generale dell’efficienza e buon andamento della P.A. va bilanciato con ragionevolezza rispetto alle esigenze del disabile a beneficiare di una corretta tutela e assistenza.
Se questo è il criterio regolatore di fondo, va osservato che la concessione dei permessi retribuiti è in funzione di un’apposito iter istruttorio di tipo medico.
I certificati medici emessi non recano la diagnosi della persona interessata, ciò in ossequio alla disciplina normativa sulla privacy; si tratta evidentemente di certificazione sanitaria strettamente correlata alla diagnosi da formulare.
Sulla base di tali presupposti, potrebbe apparire arduo conciliare un’ipotetica richiesta dell’A.M. tendente a programmare la fruizione dei permessi, dal momento che l’eventuale variazione di programma sui permessi accordati, di regola non potrà essere oggetto di certificazione sanitaria.
Oltre a questo, nei casi in cui il Comandante di Corpo si trovasse per ipotesi nell’esigenza di chiedere al dipendente una programmazione mensile per la fruizione dei permessi, l’unica via per chiedere al militare l’apposita certificazione medica giustificativa sarebbe quella riferibile alla casistica particolare e grave, che di per sè potrebbe indurre all’assenza dal servizio in determinati periodi dell’anno (pensiamo ai dializzati).
Detto questo con particolare riferimento alla gestione della fruizione dei permessi (sotto forma dell’ipotetico aspetto della “programmazione mensile”), resta il fatto che tutto il sistema di protezione normativa del disabile potrebbe mal tollerare una metodologia organizzativa del tipo descritto, dal momento che configurerebbe un contrasto con i principi di fondo esposti a tutela appunto della persona in difficoltà.
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