Esatto: cosa fare?
La prima cosa da fare è tranquillizzarsi, perchè disponiamo di sentenze favorevoli (giurisprudenza del Tar Firenze).
La seconda: leggere questo post.
I Giudici danno ragione all’interessato, che vince la causa.
Andiamo subito al principio, che va tenuto presente.
Nel caso in cui il Ministero dell’Interno si faccia questa idea su di noi (magari perché abbiamo avuto una condanna per violazione della normativa sugli stupefacenti, o una segnalazione per sospensione della patente di guida, o anche la revoca della licenza di porto d’armi e la sottoposizione alla misura cautelare degli arresti domiciliari a causa di reati per corruzione) bisogna decidersi in fretta nel proporre il ricorso in quanto, se si tratta di vecchi o vecchissimi episodi, la nostra affidabilità non può esserne intaccata.
O comunque: se l’Autorità si convince dell’inaffidabilità, i Giudici molto probabilmente annulleranno l’atto una volta appurato che si parla di remoti episodi, del tutto disancorati dalla realtà attuale.
Vediamo dunque perché questo è vero per il Tar e come viene applicato il criterio enunciato.
Mettiamoci subito nel pratico
Se il Prefetto ci notifica il decreto di divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni e materiale esplodente, con obbligo di consegna immediata di tutte le armi eventualmente detenute ai Carabinieri -il tutto in base ad un rapporto del Comando Provinciale Carabinieri dal quale risulta che l’interessato è stato condannato per le vicende passate che abbiamo prima indicato-, ebbene bisogna pensare seriamente e in fretta al ricorso.
La sentenza favorevole
A ricordarci di questa opportunità / possibilità è il Tar di Firenze, precisamente la sezione 2, con la sentenza n. 491 del 18 marzo 2016.
Ottima pronuncia dicevamo, favorevole all’interessato: qui i Magistrati mettono in luce il criterio del corretto impiego del potere discrezionale messo dalla Legge nelle mani del Ministero.
Il caso concreto
La persona interessata si trova a dover sbrogliare una matassa un po’ ingarbugliata.
Il provvedimento si basa sui seguenti elementi:
- una condanna penale della Corte d’appello del 1987 per violazione della disciplina sugli stupefacenti, per la quale è c’è la riabilitazione;
- una segnalazione del 2007 per la sospensione della patente di guida;
- la revoca del 2015 della licenza di porto d’armi da parte della Questura e la sottoposizione del ricorrente alla misura cautelare degli arresti domiciliari nel 2014, nell’ambito di un’indagine per i reati di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione di persona incaricata di pubblico servizio, in relazione alla fraudolenta aggiudicazione di forniture ad aziende sanitarie.
- Inoltre sul decreto del Prefetto con cui gli è stato vietato di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni e materiale esplodente con obbligo di consegna immediata di tutte le armi eventualmente detenute al Comando Stazione Carabinieri.
La corretta soluzione dei Giudici
Come accennato, i Magistrati vengono in aiuto dell’interessato.
Partiamo dal primo degli elementi del caso concreto.
Stupefacenti
I fatti che hanno dato luogo alla condanna per violazione della normativa sugli stupefacenti risalgono all’anno 1984 e rappresentano l’unico episodio del genere a carico del ricorrente. Ora, un fatto isolato risalente a trent’anni addietro, che non incide direttamente sull’uso delle armi ed è rimasto un caso a se, non è elemento tale da fondare un giudizio di scarsa affidabilità nell’uso delle armi.
Andiamo al secondo elemento.
Sospensione della patente
La segnalazione per la sospensione della patente deriva dal superamento dei limiti di velocità: ma il verbale è stato annullato dal Giudice di pace e, pertanto, non può essere preso in considerazione essendo stato cancellato addirittura come fatto storico.
Ora il terzo elemento.
Revoca della licenza
Non è esatto dire che è stata revocata al ricorrente la licenza di porto d’armi. poiché il provvedimento questorile in realtà ha disposto la sospensione della licenza di porto fucile uso tiro a volo fino all’esito del procedimento penale di primo grado.
In pratica si tratta di un provvedimento cautelare che si fonda unicamente sulla sottoposizione del ricorrente alla misura degli arresti domiciliari, dal quale non emergono elementi atti a fondare un giudizio di inaffidabilità del medesimo circa l’uso delle armi.
Tale giudizio non può nemmeno essere desunto dalla sottoposizione del ricorrente stesso ad indagine per fatti di corruzione perché questi reati non sono inerenti all’uso delle armi, e nemmeno dalla sua sottoposizione alla misura degli arresti domiciliari, peraltro revocata nel dicembre 2014 come emerge dalla memoria, non contestata, depositata dal ricorrente stesso per l’udienza di discussione.
La misura cautelare non riguarda infatti condotte relative all’uso delle armi poiché, si ripete, i reati di corruzione non incidono sul loro uso e non rappresentano, quindi, indice di un possibile abuso delle stesse che giustifichi la misura prefettizia odiernamente applicata.
La soluzione finale
L’atto impugnato viene giustamente annullato.
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