Domenica, 18 Febbraio 2018 14:22

Divieto detenzione armi: come contestare la Prefettura?

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Il titolare di una attività imprenditoriale impugna il decreto della Prefettura con cui è stato disposto nei suoi confronti il divieto di detenere armi, munizioni e materiale esplodente: alla fine, la causa viene vinta da lui e persa dal Ministero dell’Interno.

 

Vuoi scoprire insieme a me come mai questo procedimento si chiude con la vittoria della parte ricorrente e con la soccombenza dell’U.T.G., del Ministero e della Prefettura?

 

Bene, vista l’importanza e la delicatezza della questione, è allora il caso di mettersi un attimo comodi per prendere confidenza con il ragionamento dei giudici e, perché no, sfruttare le “dritte” che il Tar ci fornisce con la sua sentenza.

 

Intanto cominciamo con il dire che stiamo esaminando una sentenza recente, anzi recentissima: la n. 200 del 9 febbraio 2018 del Tar Lecce.

 

Lo devo dire: la terza Sezione del Tribunale si è, ancora una volta, distinta per chiarezza e linearità.

 

Anche in questo caso sfruttiamo, come abbiamo fatto molte altre volte, i principi di diritto nascenti dalla pronuncia.

E’ evidente infatti che, se tu ti dovessi trovare in un caso simile potresti utilizzare i criteri qui ricordati per fronteggiare il divieto ed aumentare, quindi, di molto le probabilità di accoglimento della domanda.

 

Se sei pronto, passiamo dunque al cuore della questione, non prima però di aver dato un’occhiata all’antefatto.

  

 

Il ricorso

Come accennavo, la causa viene intentata contro U.T.G., Prefettura e Ministero dell'Interno: la parte in pratica chiede l'annullamento del decreto della Prefettura di Lecce con cui è stato disposto nei suoi confronti il divieto di detenere armi munizioni e materiale esplodente a qualsiasi titolo, inoltre chiede l’annullamento di ogni altro atto presupposto.

Il provvedimento prefettizio si basa sull’informativa della Legione Carabinieri, dalla quale vengono fuori diversi precedenti penali per reati diversi, tra cui violenza, minaccia e lesione nei confronti di terza persona.

Inoltre, c’è anche qualche altra ipotesi di reato, tra cui: detenzione e cessione illecita di sostanze stupefacenti oltre a ricettazione e falsità in titoli di credito.

Insomma, un pò di tutto.

Il quadro sembra, a prima vista, non proprio rassicurante: ma andiamo avanti e vediamo cosa ne pensa il Tar.

 

 

L’accoglimento del ricorso

Ebbene, il Tar si trova d’accordo con la tesi difensiva del ricorrente e condivide la critica incentrata sulla inadeguatezza della motivazione esternata dalla Prefettura.

In effetti, dice il tribunale, è facile rilevare che la Prefettura non ha tenuto nel dovuto conto (insieme alla riabilitazione penale conseguita dall'interessato nel 2009 dal Tribunale di Sorveglianza di Lecce, per le risalenti condanne inerenti i reati indicati nel provvedimento) la circostanza dell'archiviazione del procedimento penale, vista l'assoluta estraneità della persona interessata ai fatti contestati.

Infatti, prosegue il Collegio di Giudici: pure se, ai sensi degli artt. 38 e 39 T.U.L.P.S., la facoltà di vietare la detenzione nasce da un potere ampiamente discrezionale spettante al Prefetto, tuttavia sulla correttezza della valutazione compiuta dall'Autorità di P.S. il Giudice Amministrativo può intervenire ed esercitare un sindacato pieno di legittimità sul vizio di eccesso di potere, quando si trova in presenza di una motivazione illogica.

 

 

Conclusioni

Non sempre è facile fronteggiare la presa di posizione della Prefettura: ecco perché è preferibile rivolgersi ad un legale specializzato in materia.

Sarà infatti compito del difensore spiegare il “come fare per” e, se richiesto, progettare una strategia difensiva idonea a contrastare con più probabilità di successo un’eventuale azione giudiziale.

In generale, la cosa da sapere è questa: la Prefettura non può a suo piacimento limitarsi a vietare la detenzione mettendo in atto il vasto potere alla stessa riconosciuto dal t.u.l.p.s.: se fa questo, la parte interessata avrà la possibilità concreta di agire per meglio tutelarsi, facendo leva sulla scarsa motivazione del decreto.

In sintesi, la Prefettura deve motivare in maniera logica e coerente: se non lo fa, ne patisce le conseguenze in giudizio e perde la causa.

 

 

Altre informazioni su questo argomento?

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Letto 25111 volte Ultima modifica il Domenica, 18 Febbraio 2018 14:37
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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