Cosa dice la Magistratura
Secondo il Consiglio di Stato no.
Una situazione che nella casistica ricorre spesso e che altrettanto spesso ritorna leggendo le sentenze amministrative.
Ebbene, nel caso commentato oggi la valutazione del C.d.S. è coerente con l’impianto normativo che regola il settore (sentenza n. 3092 del 12 luglio 2016, Sez. 3).
Nella causa di appello l’Amministrazione perde.
Il caso in sintesi
In sintesi, nella causa viene fuori che i fatti contestati in sede penale alla persona interessata (frode fiscale, emissione di fatture per operazioni inesistenti, associazione per delinquere finalizzata alla frode) non hanno un significato specifico se posti in relazione all’utilizzo lecito dell’armamento.
La conseguenza è che il Prefetto, vietando la detenzione di armi e munizioni ai sensi dell’art. 39 T.U.L.P.S. con riferimento all’esistenza di un processo penale per le fatture false, non ha spiegato in alcun modo come il progetto illecito della frode fiscale potesse diventare un elemento indiziario della ridotta affidabilità sulla detenzione di armi.
In pratica
Il Prefetto ha vietato di detenere armi e munizioni con riferimento alla pendenza di un procedimento penale per emissione di fatture false.
A conclusione del giudizio il GUP ha condannato l’interessato alla pena di anni due e mesi nove di reclusione per il reato di frode fiscale continuata mediante emissione di fatture false, nonché associazione per delinquere finalizzata allo stesso reato.
Dopo la definizione del processo penale, prima il Questore respinge la nuova istanza di licenza di porto di armi ad uso caccia e poi il Prefetto respinge la nuova istanza di licenza di detenzione di armi per mancanza del requisito di adeguata affidabilità nella detenzione delle armi senza abusarne.
Prende il via quindi il ricorso al T.A.R.; l'interessato impugna il nuovo provvedimento prefettizio chiedendone l’annullamento.
Il T.A.R. però rigetta il ricorso nel merito osservando che, vista la sentenza penale di condanna, il diniego è in sé logico e motivato.
La parte interessata passa quindi all’appello, sostenendo che la natura del reato (frode fiscale mediante la formazione di fatture per operazioni inesistenti) non giustifica la presupposta minore affidabilità nella detenzione delle armi.
A questo punto, l’analisi del Consiglio di Stato è assai puntuale.
Nel merito, rileva, la motivazione dell'atto è estremamente laconica, in quanto si esaurisce nell'affermazione che "il signor A. non offre sufficienti garanzie di affidabilità di non abusare delle armi detenute".
Invece, è certo che nessun addebito specifico è mai stato mosso al ricorrente, legittimo detentore di armi da decenni per l’esercizio della caccia, riguardo alla correttezza ed avvedutezza nella custodia e nel maneggio delle armi stesse.
L'unico elemento a suo carico, alla data di adozione dell'atto impugnato, risulta essere la condanna "patteggiata" (emessa nei suoi confronti in qualità di rappresentante legale di una società) per frode fiscale (evasione di IVA) continuata mediante falso (emissione di fatture per operazioni inesistenti), nonché per associazione a delinquere finalizzata alla frode con l'applicazione della pena di anni due e mesi nove di reclusione, più le pene accessorie del caso.
Ma qui, ai fini dell'applicazione dell'art. 39 T.U.L.P.S. si richiede in astratto il ragionevole sospetto (desunto anche da elementi indiziari, non necessariamente di rilevanza penale) che il soggetto non dia pieno affidamento di non abusare delle armi.
Elementi rilevanti per il sospetto di abuso
Non è necessario che vi siano episodi di abuso effettivo delle armi o di trascuratezza nella loro custodia: è sufficiente il rischio di tale abuso, mentre sono certamente rilevanti anche le manifestazioni di aggressività verso le persone, seppure senza l'impiego di armi; ovvero manifestazioni di scarso equilibrio, scarsa capacità di autocontrollo oppure la vicinanza ad ambienti della criminalità organizzata.
Peraltro, come espone l’interessato, non ricorrono neanche i presupposti per l’applicazione delle ipotesi ostative contemplate nell’art. 11 e nell’art. 43 T.U.L.P.S., in quanto la condanna penale riportata non riguarda i reati indicati nelle norme come fattispecie automaticamente ostative al rilascio del porto di armi.
Invece, visto che i reati addebitati non sono di per se stessi significativi del pericolo di abuso delle armi, il diniego sul rinnovo del permesso per uso caccia è carente nella motivazione, considerando che il Prefetto non ha illustrato il percorso logico-giuridico attraverso il quale il progetto illecito della frode fiscale mediante falso documentale viene assunta come un elemento indiziario della ridotta affidabilità in materia di detenzione di armi.
Conclusioni
Per queste ragioni l'appello viene accolto e annullato per difetto di motivazione il decreto prefettizio, con obbligo del Prefetto di pronunciarsi nuovamente sull’istanza.
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