Licenza fucile uso caccia: quando sospenderla è sbagliato
Sei un cacciatore.
Ad un certo punto rimani un po’ spiazzato nel ricevere dal Questore un provvedimento di sospensione della licenza di porto di fucile ad uso caccia, di cui sei titolare.
In sostanza, vieni a sapere che i Carabinieri hanno effettuato una segnalazione annotando che, insieme ad altre persone, ti sei impossessato di un cinghiale appena abbattuto, in assenza di autorizzazione, all’interno di una tenuta adibita a riserva faunistico venatoria dove sono allevati allo stato rado cervi, cinghiali, daini e mufloni.
Pensi di non essere assolutamente responsabile e, per questo, dopo l’accesso agli atti presenti delle brevi osservazioni, confermando la tua estraneità ai fatti.
Niente da fare; arriva il provvedimento di sospensione.
A questo punto decidi di presentare un ricorso amministrativo, non condividendo l’assunto del questore, anzi ritenendolo sommamente ingiusto e soprattutto non vero.
Il ricorso è fondato
Il Tar, per arrivare alla conclusione che il provvedimento del questore è sbagliato, mette in evidenza che la comunicazione del Comando dei Carabinieri non individua una tua specifica responsabilità nell’atto di esercitare la caccia in una tenuta venatoria, senza essere munito di apposita autorizzazione.
Tra l’altro, non risulta svolta alcuna ulteriore attività istruttoria da parte dell’amministrazione.
La legge applicabile
A parte il fatto che l’episodio contestato viene archiviato dal giudice penale, va detto che questo riguarda strettamente il campo della caccia e non tocca alcuna ipotesi di abuso dell’autorizzazione di polizia in questione.
Questo è il primo dato rilevante.
Il secondo aspetto, non meno importante, riguarda la normativa effettivamente applicabile al tuo caso.
Qui, dice il Tar Lazio (sentenza n. 9389/17 del 22.08.2017, non appellata) la norma applicabile è la legge n. 157/92 e non quella contenuta nel R.D. n. 773/31, applicata invece per sbaglio dall’amministrazione.
All’art. 32, in combinato disposto con l’art. 30, vengono individuati infatti i casi di sospensione e revoca della licenza.
Questi casi sono tutti riconducibili a condanne penali che, nel tuo caso, non sussistono.
Inoltre, in generale, nei confronti di chi esercita senza autorizzazione la caccia all’interno delle aziende faunistico-venatorie, che è quanto contestato nel provvedimento, l’art. 31 della medesima legge n. 157/1992 prevede solo una sanzione amministrativa pecuniaria.
In pratica
Il Tribunale conclude con l’accoglimento del ricorso e con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Ministero e Questura scelgono di non presentare l’appello.
Dopo aver ricevuto un decreto di questo tipo, avresti sicuramente voluto risolvere la questione in modo rapido e magari fuori dalle aule di giustizia.
Questo è comprensibile.
Tuttavia, ti sei reso conto che pur di fronte ad un provvedimento amministrativo criticabile, le memorie difensive non ti sono bastate ed hai deciso per il ricorso.
Memorie, va detto, complete ed esaustive, nelle quali hai sostenuto di non esserti mai inoltrato nella suddetta tenuta e di non essere stato fermato al suo interno ed, anzi, di non esserti proprio recato a caccia: di essere, perciò, estraneo ai fatti.
L’amministrazione avrebbe dovuto prestare ascolto ed attenzione alle tue parole: tanto avrebbe evitato una causa.
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