Querela fasulla per aggressioni verbali e porto di armi
Gli argomenti di oggi sono: detenzione di armi, porto di armi uso sportivo, revoca, controversie, denuncia querela su fatti inventati.
Ma, preamboli a parte, andiamo al sodo.
Qui parliamo degli effetti che può produrre una denuncia querela dove si riferiscono ripetuti episodi di aggressioni verbali, percosse e minacce di morte nei confronti del coniuge.
Nello specifico vogliamo capire se, in relazione ad una denuncia di questo tipo (dove manca un approfondimento sul fatto da parte dell’amministrazione), può essere corretta o no la revoca della licenza di porto di fucile per uso sportivo e il divieto di detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti.
Indice
Il caso
Per capirlo, analizziamo un caso concreto che ci offre preziosi spunti.
Bene. Una persona chiede l'annullamento dei provvedimenti di revoca della licenza di porto di fucile per uso sportivo e di divieto detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti.
Si tratta di provvedimenti adottati sul presupposto che l'interessato non dà più sicuro affidamento di non abusare delle armi.
Un convincimento che deriva da quanto esposto a suo carico in una denuncia-querela trasmessa dalla Questura, dove si parla di "reiterati episodi di aggressioni verbali, percosse e minacce di morte nei confronti del coniuge".
A prima vista, una situazione abbastanza delicata, non c’è che dire.
Diciamo subito però che la situazione è stata affrontata e risolta, favorevolmente per il ricorrente dal Tar Pescara, con la sentenza n. 49 del 31.01.2017.
Ma vediamo il seguito, perché è interessante.
Il ricorso
Di fronte a una situazione così delicata, il ricorrente ha ovviamente presentato il suo ricorso e si è difeso in questo modo.
Ha spiegato che la denuncia-querela era stata presentata da suo figlio, assente dall'abitazione familiare da diversi mesi per motivi di studio, che aveva riferito "circostanze del tutto inventate".
A suo dire, pare che il carattere calunnioso della denuncia doveva risultare confermato dalle dichiarazioni spontanee rese al Commissariato P.S. in cui, nell'immediatezza del provvedimento cautelare, la stessa presunta persona offesa aveva negato di aver "mai subito maltrattamenti, aggressioni, percosse e minacce da parte del coniuge... e che quindi la denuncia verteva su falsità inventate dal figlio".
Provvedimenti illegittimi, dice il ricorrente, in quanto il rischio di abuso viene desunto dalla semplice circostanza che l'interessato "è stato denunciato alle competenti autorità giudiziarie", senza che si ci siano stati accertamenti autonomi e senza che alcuna considerazione sia stata data alla pur valida dichiarazione scritta del coniuge, nonostante questa fosse stata allegata alla memoria depositata agli atti del procedimento.
Le premesse per una soluzione favorevole
Prima di arrivare alla soluzione favorevole per la persona interessata, il Tribunale premette i principi di fondo che regolano la materia.
Dice: ai fini del giudizio di affidabilità l'autorità può dare valore non solo ai fatti di reato, ma anche vicende e situazioni personali che pur non assumendo rilevanza penale, siano indice di pericolosità, o, comunque, della non completa affidabilità di colui che li ha commessi, e ciò anche quando non si tratti di precedenti specifici connessi proprio al corretto uso delle armi.
Del resto il nostro ordinamento è ispirato a regole limitative della diffusione e possesso dei mezzi di offesa, tant'è che i provvedimenti che ne consentono la detenzione sono concessioni.
In pratica, anche il minimo dubbio sulla persistenza dei requisiti di affidabilità è in grado di mettere in discussione l'interesse del ricorrente.
La soluzione
Se quelle dette prima sono le premesse del ragionamento dei giudici, andiamo allora a vedere la soluzione da adottare nel caso e in tutti i casi analoghi.
Ebbene: è vero che esistono quelle regole stringenti, ma la semplice denuncia all'autorità giudiziaria non è una circostanza che da sola giustifica la revoca o il diniego del porto d'armi.
Tanto ci porta a dire con una certa sicurezza che può essere ritenuto illegittimo il provvedimento conseguente ad un banale automatismo tra denuncia/querela e revoca, in quanto è richiesto che in presenza di elementi non univoci si debbano svolgere approfondimenti istruttori, proprio per valutare compiutamente la situazione e, alla fine, effettuare la prognosi autonoma sul titolare di porto d’armi.
Tanto per capirci
Nel caso che qui ho utilizzato per il commento, i provvedimenti hanno la loro unica base nella predetta denuncia, in cui si riferisce che "da oltre quindici anni a questa parte, ovvero da quando avevo appena otto anni, ho verificato in maniera continua gli atteggiamenti violenti di mio padre nei confronti di mia madre" e dove si precisa: "ADR: nonostante la paura di ritorsioni, uno/due mesi fa mia madre si è rivolta alle Autorità locali, non saprei dire se Polizia o Carabinieri, questo, per denunciare appunto mio padre, ma, in quegli ambiti, pare che non sia stato formalizzato un vero e proprio atto di denuncia querela, quindi, gli incaricati delle Forze dell'Ordine pare che abbiano convocato in quegli Uffici mio padre, rendendolo edotto della situazione. All'uopo rammento che mio padre mi contattò telefonicamente dicendomi: "Se tua madre ha denunciato mie eventuali minacce di morte sappi che vado a casa e la sparo"", poi precisando, il denunciante, di avere assistito in prima persona a una aggressione sia verbale che fisica del padre nei confronti della madre, che "fu strattonata per le braccia e scaraventata sul divano".
Nel verbale di dichiarazioni spontanee, la moglie del ricorrente (che attribuisce la denuncia a contrasti insorti tra padre e figlio in conseguenza del rifiuto del primo di continuare a sovvenzionare economicamente il secondo e delle pretese di quest'ultimo, "che avanza con ineducazione e mancanza di rispetto per il genitore") ha invece dichiarato: "È capitato anche che per questo io e mio marito abbiamo litigato, ma come capita di litigare a ogni coppia; nell'ira non ho ricevuto nessuna minaccia e tantomeno di morte e nemmeno mai sono stata colpita da egli".
In pratica bisogna sapere che
In questa materia il dubbio di abuso va sostenuto da elementi oggettivi, non da semplici dichiarazioni del querelante.
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