Il Ministero dell’Interno deve tenere in considerazione anche la buona fede della persona alla quale viene disposta la sospensione della licenza di porto di fucile ad uso caccia.
Indice
Come chiedere assistenza legale
Partiamo dal caso concreto per spiegare il principio sopra esposto.
Una persona era titolare di licenza di porto d’arma per uso caccia, al medesimo rilasciata nel 2010.
Nel corso di un controllo di routine eseguito dai Carabinieri emergeva che il medesimo deteneva una quantità di munizioni che non era stata regolarmente denunciata (51 cartucce cal. 12 a palla singola, 24 cartucce cal. 7 MM Rem. Mag, 987 gr. di polvere da sparo): il materiale veniva posto sotto sequestro ed il ricorrente deferito alla Autorità Giudiziaria.
Il Questore, dato atto che il comportamento era frutto di negligenza nella custodia delle armi e che doveva ritenersi indice della mancanza dei requisiti soggettivi richiesti per mantenere la titolarità della autorizzazione di polizia, decideva di sospendere la licenza di porto d’armi rilasciata sino alla definizione del procedimento penale e, comunque, fino alla verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi richiesti.
L’interessato ha proposto il ricorso, deducendo che in occasione del sopralluogo effettuato dai Carabinieri aveva esibito tutte le armi in possesso nonché svariate quantità di munizioni di vario tipo, tutte regolarmente denunciate.
Inoltre aveva esibito spontaneamente i quantitativi di munizione poi risultati non assistiti da denuncia.
Il Tar accoglieva la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato (Tar Lazio Sez. Prima Ter, sentenza definitiva n. 9130/2018 pubblicata in data 03.09.2018 e non appellata) sul rilievo che: “alla luce di quanto evidenziato in ricorso, che il ricorrente non appaia inaffidabile nell’uso delle armi, tenuto conto che, per come si è svolta la vicenda, si ravvisa la sua buona fede nell’omettere la denuncia di cartucce e di polvere da sparo (infatti lo stesso spontaneamente ha consegnato il tutto in sede di controllo ed inoltre aveva regolarmente denunciato un numero davvero molto consistente di munizioni, rinvenute nel predetto controllo)”.
Con istanza depositata nel 2014 il Ministero chiedeva la sollecita fissazione della udienza di discussione del merito, in mancanza della quale il Prefetto di Viterbo vietava al ricorrente di detenere armi e munizioni di qualsiasi tipo.
Il Tribunale dava ragione al ricorrente.
Vediamo perché.
Per quanto, come è noto, le valutazioni che l’Autorità di Polizia è chiamata ad effettuare allorché deve decidere se rilasciare, rinnovare o revocare una autorizzazione di polizia, in particolare una autorizzazione afferente l’uso di armi, sono connotate da discrezionalità, sicché tali valutazioni sono sindacabili in sede giurisdizionale solo nei limiti della macroscopica illogicità o travisamento, non si può non rilevare che l’interessato è comunque risultato perfettamente in regola nella detenzione e denuncia di ben 12 armi ed oltre 1500 cartucce, essendo in confronto minimo il quantitativo di munizioni non denunziate.
Questo ultimo, inoltre, non è stato reperito dagli agenti delle Forze dell’Ordine in luogo visibile o anche solo facilmente accessibile, essendo esso pure diligentemente custodito e reperito dai Carabinieri solo in quanto ad essi esibito spontaneamente.
A Quest’ultimo, pertanto, si può allora rimproverare solo per non aver correttamente interpretato l’art. 26 della L. 110/75, che obbliga alla denuncia colui che detenga “munizioni per armi comuni da sparo eccedenti la dotazione di 1000 cartucce a pallini per fucili da caccia”, e che il ricorrente l’ha erroneamente intesa come norma che si riferisce a qualsiasi tipo di cartuccia per fucile da caccia anziché alle sole cartucce “a pallini”: è quindi accaduto che il ricorrente, detenendo solo armi da caccia e munizioni di vario tipo, in numero complessivo superiore a 1000 ma non tutte “a pallini”, ha creduto di essere esentato dall’obbligo di denunciare le munizioni ulteriori al primo migliaio, e nella convinzione di essere nel giusto ha poi spontaneamente esibito anche queste munizioni ai Carabinieri.
Il giudizio di inaffidabilità del ricorrente può dunque solo fondarsi sul fatto che egli ha erroneamente interpretato una norma, omettendo per effetto di ciò un adempimento di natura meramente amministrativa; nessun comportamento realmente pericoloso gli è invece imputabile, e di fatto non gli è stato imputato.
Conclusione: ricorso accolto, provvedimento amministrativo annullato e sentenza di primo grado non appellata.
Come chiedere assistenza legale
Avere il supporto legale è semplice:
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