Tar Toscana sez. seconda, sentenza n. 211/2021 pubblicata in data 08.02.2021
Un caso dove i giudici accolgono il ricorso della parte privata e condannano alle spese il Ministero dell’Interno.
Vediamo.
La Questura respinge la richiesta della persona interessata volta al rilascio della licenza per il porto d’armi uso caccia.
Il provvedimento è motivato sulla base della carenza dei requisiti soggettivi di buona condotta e di assoluta affidabilità, visto che il richiedente è stato condannato per il reato di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, con sentenza di parecchi anni fa.
Questa persona lamenta che il porto d’armi per uso caccia gli sarebbe stato denegato sulla sola base di un precedente penale risalente nel tempo, relativo alla cessione di un irrisorio quantitativo di marjuana ad un suo amico.
Per la verità il G.U.P. all’epoca aveva applicato nei confronti dell’interessato la pena patteggiata concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena, motivando sulla base della modestissima quantità delle sostanze cedute, della giovane età dell’imputato e dell’essere avvenute le cessioni in un contesto amicale.
Inoltre, il Tribunale di Sorveglianza gli aveva concesso la riabilitazione, rilevando come nel frattempo il condannato avesse dato prove effettive e costanti di buona condotta, come pure risultante dalla nota dei Carabinieri.
In pratica, il ricorrente si lamenta del fatto che l’Amministrazione non ha in alcun modo tenuto conto delle diverse circostanze rappresentate, ossia: giovane età, caso isolato, riabilitazione.
Il ricorso è fondato, dice il Tar.
E’ vero che il potere riconosciuto all’autorità di pubblica sicurezza in materia di rilascio del porto di fucile è connotato da elevata discrezionalità.
Inoltre la valutazione della capacità di abusare delle armi non sconta, necessariamente, l’esistenza di precedenti penali in capo all’interessato, potendo essere desunta anche da elementi indiziari.
Tuttavia, è pacifico che il giudizio deve essere effettuato sulla base di una congrua istruttoria e del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nella concreta fattispecie, al fine di verificare il potenziale pericolo rappresentato dalla possibilità di utilizzo delle armi possedute, e deve estrinsecarsi in una motivazione adeguata.
Ora, nel caso concreto il provvedimento, emesso a distanza di dieci anni dall’unico episodio contestato, è stato adottato senza tener conto del complesso degli elementi rappresentati dal ricorrente, quali: le modestissime quantità delle sostanze cedute, la giovane età, il contesto amicale delle cessioni, l’intervenuta riabilitazione, l’occasionalità della condotta contestatagli non più ripetutasi successivamente.
Dunque la condotta tenuta tanti anni fa, sanzionata penalmente l’anno successivo, non incide attualmente sull’affidabilità del soggetto interessato al rilascio del titolo di polizia.
Semmai era necessaria un’approfondita valutazione della complessiva condotta tenuta dall’interessato successivamente agli episodi di cessione di sostanze stupefacenti, sia sotto il profilo lavorativo sia in generale nei rapporti sociali e interpersonali, idonea a sorreggere nell’attualità il giudizio prognostico di non affidabilità in merito al buon uso delle armi.
In definitiva il ricorso viene accolto.
Con condanna alle spese dell’Amministrazione.
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