Tar Basilicata sezione prima, sentenza n. 343 del 29.04.2021.
Un Questore, dopo aver richiamato alcune vicende penali a carico di una persona, cioè:
1) condanna del Tribunale per il delitto di simulazione di reato, dichiarato estinto dal GIP in quanto nel termine di 5 anni non era stato commesso altro delitto;
2) deferimento all’Autorità Giudiziaria per i reati di percosse, lesioni e minaccia, estinto per remissione della querela;
3) deferimento per il reato di Invasione di terreni o edifici, per il quale vi è stata sentenza di assoluzione del Tribunale;
4) deferimento per il reato ex art. 137 comma 14, D.Lg.vo n. 152/2006, in quanto aveva utilizzato effluenti zootecnici, provenienti dal suo allevamento, al di fuori dei casi e delle procedure previste dall’art. 112 dello stesso D.Lg.vo n. 152/2006 e dal Regolamento regionale di attuazione, estinto con sentenza;
ha respinto, ai sensi dell’art. 43 R.D. n. 773/1931, l’istanza dell’interessato per ottenere il rinnovo della licenza di fucile per uso caccia.
Secondo l’ufficio infatti, pur tenendo conto delle predette estinzioni, nella verifica del possesso dei requisiti necessari per il conseguimento delle autorizzazioni di polizia in materia di armi deve essere valutato il comportamento nel fatto storico ed i fatti contestati possono essere considerati elementi sufficienti a non consentire un giudizio favorevole per l’ottenimento del titolo di polizia in materia di armi.
La persona in questione non ci sta e decide di presentare il suo ricorso.
Depositato il ricorso e fissata l’udienza, Il tribunale dà ragione alla parte privata ed annulla il rigetto del questore.
Vediamo, allora, il succo della decisione dei giudici.
Va sottolineato che l’art. 43 R.D. n. 773/1931, mentre nel primo comma stabilisce che “non può essere conceduta la licenza di portare armi” ai condannati “alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione” ed “a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all’Autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico” ed “a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi”, nel secondo comma statuisce anche che “la licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi”.
Nel caso concreto le vicende penali non rientrano nell’ambito oggettivo del primo comma dell’art. 43 R.D. n. 773/1931 e tenuto pure conto dell’ampia discrezionalità dell’Autorità di Polizia nella valutazione ex art. 43, comma 2, R.D. n. 773/1931 sull’affidabilità della persona richiedente l’autorizzazione di fare buon uso delle armi e del condivisibile orientamento prevalente della Giurisprudenza, ai sensi del quale la persona che detiene armi deve essere esente da mende ed al di sopra di ogni sospetto e/o indizio negativo e nei suoi confronti deve esistere la perfetta e completa sicurezza circa il corretto uso delle armi, cioè la persona che detiene armi deve avere una condotta irreprensibile e vivere in modo tranquillo e trasparente in famiglia e nelle relazioni civili con gli altri consociati, il ricorso pare ugualmente fondato.
Infatti, la valutazione ex art. 43 comma 2 R.D. n. 773/1931 sull’affidabilità della persona richiedente l’autorizzazione di fare buon uso delle armi deve riferirsi ai comportamenti concreti del ricorrente e/o alla tipologia e gravità dei fatti commessi, come, peraltro, contraddittoriamente riconosciuto dallo stesso Questore nel provvedimento, nella parte in cui specifica che deve essere valutato il comportamento nel fatto storico e che il giudizio di affidabilità del richiedente deve essere desunto dai fatti contestati, mentre con il provvedimento impugnato sono state solo elencate le vicende penali, che hanno visto coinvolto il ricorrente.
Inoltre, anche se l’Autorità di Polizia può esprimere una valutazione diversa rispetto a quella effettuata al momento del rilascio dell’autorizzazione di porto e/o detenzioni di armi, la diversa rivalutazione degli stessi fatti deve essere corredata da un’idonea motivazione.
Cosa che, nel caso preso come spunto, evidentemente non c’è.
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