I diversi ruoli della Prefettura e della Questura in materia di detenzione di armi e di licenza di porto d’armi. Casi in cui il divieto detenzione armi non è motivato ed è annullabile.
Indice
Divieto detenzione armi annullabile
Buon andamento dell’amministrazione
Divieto detenzione armi annullabile
Quando la Prefettura, su proposta della Questura, emette un divieto di detenzione armi basato sul cosiddetto contesto familiare controindicato, perché caratterizzato da affinità con persone o parenti coinvolti in procedimenti penali, ecco: quel divieto è completamente inattendibile e va sottoposto a ricorso.
Ma perché un divieto congegnato così è annullabile?
Te lo dico subito.
E’ annullabile perché le autorizzazioni di polizia possono essere negate solo per la carenza della buona condotta del diretto interessato, mai della buona condotta di terzi soggetti.
Vediamo quali sono le regole in gioco che consentono di arrivare alla conclusione sopra indicata.
Dunque:
la Legge prevede un generale divieto di detenzione e uso delle armi, salvo specifiche fattispecie sottoposte a particolari condizioni.
A questo proposito sono state regolamentate due diverse fattispecie:
da una parte la detenzione d’armi, art. 39 TULPS;
dall’altra la licenza del porto d’armi, art. 43 TULPS.
La detenzione di armi viene autorizzata dalla Prefettura che valuta discrezionalmente l’assenza di rischi di utilizzo abusivo o di sottrazione delle armi.
La licenza del porto d’armi viene invece concessa dalla Questura ai soggetti che non abbiano riportato condanne per i reati cui all’art. 11 TULPS e all’art. 43 letto. a), b) e c) TULPS, che siano di buona condotta e diano affidamento di non abusare delle armi.
L’art. 39 riconosce che il giudizio del Prefetto è discrezionale: in sostanza ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti alle persone ritenute capaci di abusarne.
L’interpretazione di questo articolo deve però tenere conto dell’evoluzione che ha interessato le regole che disciplinano l’agire della pubblica amministrazione.
In particolare l’art. 3 della l. n. 241 del 1990 ha codificato una regola fondamentale per tutta l’attività amministrativa, anche per quella che attiene alle armi.
In pratica i provvedimenti della pubblica amministrazione devono essere sempre supportati da una congrua e comprensibile motivazione, che consenta di apprezzare per quali motivi, fatti, circostanze e conseguenti valutazioni sia adottata la decisione che incide sulla posizione giuridica del destinatario.
Buon andamento dell’amministrazione
L’obbligo di motivazione rappresenta una applicazione dei principi di imparzialità e buon andamento enunciati all’art. 97 Costi e all’art. 1, comma 1 l. n. 241.
L’art. 41 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea include l’obbligo per le amministrazioni degli stati membri di motivare i propri provvedimenti tra i contenuti essenziali del diritto a una buona amministrazione.
Bisogna tenere presente che il provvedimento di divieto non può mai avere una motivazione apparente e neppure può essere scritto sulla base di un’istruttoria carente.
Quindi non bastano gli indizi per dire che una persona è inaffidabile: serve di più.
Occorre una motivazione vera, non astratta e chi legge deve essere in grado di capire subito qual è stata l’istruttoria svolta [1].
Se tutto questo non c’è, allora bisogna presentare immediatamente il ricorso perché il giudice lo accoglie.
[1] C.G.A.R.S. Sez. giurisdiz. sentenza n. 195/22 pubblicata il 14.02.2022.
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