Per chi vuole ottenere il rilascio della licenza di porto di fucile, la presenza in famiglia di un pregiudicato in astratto non significa niente: bisogna solo capire se, per la persona interessata al rilascio, c’è la possibilità o no di abuso dell’arma con riferimento a quel contesto familiare.
Nel momento in cui il Questore ti ha negato il rilascio della licenza di porto di fucile ad uso sportivo, sei andato nel pallone e non sei riuscito a spiegarti il perché di questo rigetto.
Si perché l’amministrazione ha preso come pretesto il fatto che, decine e decine di anni fa, avevi gestito un’attività commerciale con tuo padre, pregiudicato, oggi come oggi molto vecchio per altro.
Ora però da tanti anni non convivi più con lui ed è per questo che continui a non capire la rigidità della Questura.
Hai quindi deciso di presentare il ricorso, fiducioso nella giustizia e nelle tue buon ragioni.
Il tribunale ti ha dato ragione ed ha annullato il diniego [1].
Era un po’ quello che ti aspettavi e il motivo per cui il Questore ha perso la causa è questo.
Quando l’amministrazione viene chiamata a valutare la capacità di abuso delle armi e la tua buona condotta lo deve fare solo e soltanto in relazione a fatti specifici, motivando la sua decisione.
Non è che se ne può andare per conto suo e decidere di rigettare l’istanza per il semplice e non dimostrato sospetto che potresti abusarne.
Nel tuo caso specifico, il semplice vincolo della parentela apparentemente problematica di per sé non dice niente se non è messo in relazione a rischi specifici di abuso dell’arma.
Rischi che, appunto, non sono emersi dall’indagine del Ministero dell’Interno.
Insomma: tu non c’entri niente con i fatti commessi decine di anni fa da tuo padre, con il quale da una vita non convivi più.
[1] Tar Sicilia Sez. Terza, sentenza n. 571/22 pubblicata in data 18.02.2022
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