Martedì, 05 Settembre 2017 07:47

Militari / trasferimento d'autorità: quando l'ordine può essere riesaminato?

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La regola

Che il trasferimento d’autorità del militare sia un’ordine non ci piove.

E’ la regola ribadita tanto dalle norme di settore quanto dalle decine e decine di sentenze amministrative in materia, tanto di primo quanto di secondo grado.

Ma, il punto è un altro.

L’ordine, come tale, è inamovibile in quanto correlato alla specificità dell’amministrazione militare o esistono casi in cui se ne può discutere?

Sembrerà strano ma pare proprio che qualche spazio ci sia: a dircelo è il Tar Napoli, con la sentenza n. 1591 del 3 ottobre 2016.

Vediamo allora in che termini, stando a questa interessante pronuncia, è possibile sindacare questo specifico ordine. 

 

I motivi del ricorso

Il Tribunale, con il pretesto di dover risolvere un caso dove il Militare ricorre e chiede l'annullamento:

  • di una nota con cui lo Stato Maggiore dell'Esercito - Dipartimento Impiego del Personale E.I. - Ufficio Impiego Ufficiali, dispone il trasferimento d'autorità (cd. dispaccio) presso un Comando regionale Militare Nord;
  • di una nota allegata al c.d. dispaccio, con cui lo Stato Maggiore dell'Esercito comunica il trasferimento d'autorità;
  • di una nota con cui lo S. M. E. comunica il reimpiego d'autorità presso il Comando Regionale Militare Nord quale Capo Sezione Sanitaria e Gravi Patologie;
  • di una nota con cui lo Stato Maggiore dell'esercito comunica la modifica dell'incarico assegnato,

ragiona nel modo che segue.

 

 

Il ragionamento dei Magistrati del Tar Napoli

Ecco il punto di partenza.

La giurisprudenza afferma che i provvedimenti di trasferimento dei militari, rientrando nel genus degli ordini sono sottratti alla disciplina generale sul procedimento amministrativo dettata dalla Legge 241/90 e non necessitano di particolare motivazione.

Detta così, il discorso sembra chiuso.  Ma vediamo appresso nelle pieghe della pronuncia.

Il principio descritto, dicono i Giudici, si collega all'affermazione che l'ordinamento militare, per quanto caratterizzato per sua natura da uno speciale rapporto di gerarchia e da marcato obbligo di obbedienza, si conforma anch'esso "allo spirito democratico della Repubblica".

La conseguenza di questa impostazione è che anche per l'amministrazione della difesa vanno osservati, in relazione a fasi di organizzazione e gestione del personale che non si differenzino per procedimento e finalità, da quelli del restante pubblico impiego, i principi e criteri che segnano il modo d'essere di tutti i rapporti tra Stato - apparato e cittadini, essenziali per la stessa concezione di uno Stato democratico (cfr. in termini Cons. Stato, sez. IV, 13 maggio 2010 n. 2929).

 

  • Sottolinea poi che gli atti di trasferimento d'autorità, pur non richiedendo una particolare motivazione sul contemperamento degli opposti interessi (c’è il primato dell'interesse pubblico), devono comunque contenere l'indicazione dei presupposti, di fatto e di diritto, posti a base del trasferimento.

 

 

La soluzione data al caso

  • Nel caso, dice il Tar, ci sono elementi tali da invitare l'Amministrazione a riesaminare il trasferimento di autorità del ricorrente.

La cosa interessante è che viene dato un certo risalto al radicamento del ricorrente, che discende dall'avere prestato servizio per 13 anni nella stessa sede: da questo il Collegio no comprende (leggendo il provvedimento impugnato) le ragioni che hanno determinato il trasferimento del Tenente colonnello in una sede particolarmente lontana rispetto a quella di provenienza, tale da impedire qualsiasi contemperamento con gli interessi del destinatario (attesa la mancanza di indicazioni circa l'assoluta necessità di reimpiego della sua professionalità solo presso la nuova sede di servizio, nonostante fosse intervenuta la soppressione dell'incarico "Capo Sezione sanità").

In definitiva la domanda cautelare viene accolta, con ordine all'Amministrazione di riesaminare il provvedimento di trasferimento d'autorità del ricorrente, ferma restando nelle more la permanenza del ricorrente presso l'attuale sede di servizio.

 

 

 

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Letto 16039 volte Ultima modifica il Domenica, 05 Novembre 2017 18:25
Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

Francesco Pandolfi

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

Principali mansioni e responsabilità: 
Avvocato
Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
Iscrizione nell’Albo degli Avvocati stabiliti di Latina dal 26/4/2012.

 

 

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