Sabato, 02 Gennaio 2021 17:49

Militare: sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo

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Ministero della Difesa, commutazione della sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo in sospensione dall’impiego ai sensi del combinato disposto degli articoli 919, comma 3, lettera a), e 917, comma 1, del C.O.M.

 

 

 

Parliamo di una vicenda assai articolata e complessa; ma l’esito favorevole per il militare ricorrente suggerisce di dare almeno qualche accenno su alcuni contenuti della sentenza di primo grado, resa ovviamente anonima per tutelare i dati sensibili della parte e qui riportata solo nei suoi passaggi cruciali.

 

La sentenza, in effetti, potrebbe essere utile per altri dipendenti in situazioni analoghe a quella qui sinteticamente narrata.

 

Intanto va subito premesso che la P.A. rimane soccombente nella causa di primo grado per la genericità della motivazione scritta nel suo provvedimento.

 

Andiamo dunque alla sostanza: la vicenda nasce da un procedimento penale, tuttora pendente, a carico del militare chiamato in correità per concussione.

 

Diversi anni fa, nell’ambito della vicenda il ricorrente veniva sottoposto a misure cautelari.

 

Il Ministero della Difesa applicava nei confronti dell’interessato il provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego obbligatoria, poi commutata, al momento del venir meno delle misure restrittive, in sospensione precauzionale dall’impiego facoltativa.

 

Il periodo massimo, previsto dall’art. 919, comma 1, D. Lgs. n. 66/2010 di cinque anni della sospensione precauzionale (sia a titolo obbligatorio che facoltativo) sarebbe venuto a scadere il xx wxxxxx zzzz.

 

In vista di ciò il Comandante, in relazione alla previsione dell’eventuale applicazione della sospensione dall’impiego ex artt. 919, comma 3, C.O.M. (“3. Scaduto il quinquennio di cui al comma 1, se è ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravità, l'amministrazione, valutato specificamente ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti: a) sospende l'imputato dall'impiego ai sensi dell'articolo 917; b) sospende il procedimento disciplinare ai sensi dell'articolo 1393”) e 917, comma 1, C.O.M. (“1. La sospensione precauzionale può essere disposta durante lo svolgimento del procedimento disciplinare di stato instaurato per fatti di notevole gravità da cui possa derivare la perdita del grado”), previa presa d’atto del Ministero della Difesa, Direzione del Personale Militare procedeva alla contestazione degli addebiti nei confronti del militare.

 

Il procedimento relativo all’ulteriore sospensione traeva il suo impulso con l’atto amministrativo con il quale veniva segnalato al Superiore Comando l’approssimarsi del termine del periodo massimo di 5 anni di sospensione già disposta.

 

Successivamente, veniva formulata la proposta: il dipendente è “imputato per fattispecie di reato integrante condotte di un disvalore tale da non consentire la sua riammissione in servizio, censurabili sotto l’aspetto disciplinare in quanto fortemente lesive del prestigio dell’Istituzione, non consone ai doveri e alla dignità del grado rivestito e delle funzioni ricoperte, nonché gravemente contrarie al giuramento prestato, al dovere di esemplarità e al senso di responsabilità propri dello status di Ufficiale della M.M.; anche se impiegato in diverso incarico, sarebbe di pregiudizio per il prestigio della F.A. e per il regolare andamento dell’attività di servizio, nonché non potrebbe espletare le proprie funzioni con la massima necessaria autorità e credibilità”.

 

Successivamente, con provvedimento del Ministero della Difesa Direzione Generale per il Personale Militare, si faceva propria la proposta avanzata nell’ambito della scala gerarchica dell’ufficiale e veniva decretata la commutazione della sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo, già in essere a carico del ricorrente, in “sospensione dall’impiego”, ai sensi del combinato disposto degli articoli 919, comma 3, lettera “a” e 917, comma 1, C.O.M.

 

Tale provvedimento viene impugnato con ricorso al Tar.

 

I magistrati, esaminata la vicenda, i motivi di ricorso e le deduzioni difensive dell’amministrazione, accoglievano la domanda di annullamento proposta dal militare.

 

Dice il Collegio di giudici: ai sensi del cit. art. 919, comma 3, una volta scaduto il quinquennio di cui alla sospensione precauzionale (alla quale il ricorrente è già stato sottoposto), “se è ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravità, l'amministrazione, valutato specificamente ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti”, può sospendere il dipendente dall’impiego.

 

Al riguardo, va osservato che il rapporto tra l’ulteriore sospensione e la precedente sospensione precauzionale (della durata massima di cinque anni) è da intendersi nei seguenti termini:

 

- a) il Legislatore, nello stabilire il periodo massimo di cinque anni per la sospensione precauzionale, ha ritenuto che tale periodo fosse congruo per assorbire, sotto il profilo della tutela dell’immagine e dell’organizzazione della P.A., il disvalore dei fatti posti a base della predetta sospensione;

 

- b) va da sé che, dopo cinque anni, l’adozione di un ulteriore provvedimento di sospensione – come quello di cui si controverte – richiede alla P.A. uno specifico onere motivazionale, che deve all’evidenza andare oltre il richiamo ai fatti per i quali era stata disposta la precedente sospensione precauzionale;

 

- c) tale peculiare onere motivazionale, infatti, pur dovendo prendere sicuramente le mosse dall’eccezionale gravità dei fatti contestati nel procedimento penale, deve, in una lettura teleologicamente orientata, anche appuntarsi sulla considerazione di ogni ulteriore elemento conoscitivo, anche sopravvenuto, con specifico e puntuale vaglio non solo delle risultanze attuali del giudizio penale in itinere (ad esempio, attraverso l’acquisizione dall’organo inquirente degli atti del fascicolo d’indagine, in funzione dell’autorizzazione alla relativa utilizzazione ai fini di cui trattasi), ma anche delle emersioni fattuali successive all’imputazione, per poter pervenire ad una valutazione complessiva che tenga realmente conto di “ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare”, ferma restando la necessità di includere, in tale valutazione – anche in ossequio al principio di proporzionalità –, elementi come le qualità soggettive dell’interessato, i precedenti disciplinari, lo stato di servizio, l’età, il grado.

 

12.2) Ebbene, nel caso di specie, l’Amministrazione, al di là del riferimento ai fatti per i quali pende il giudizio penale, ha addotto la motivazione secondo cui il ricorrente, “anche se impiegato in diverso incarico, sarebbe di pregiudizio per il prestigio della F.A. e per il regolare andamento dell’attività di servizio, nonché non potrebbe espletare le proprie funzioni con la massima necessaria autorità e credibilità”.

 

Con tale motivazione il datore di lavoro non ha dato, ai sensi del cit. art. 919, comma 3, specifico conto di “ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare” in grado di giustificare l’ulteriore sospensione, a fronte del già trascorso periodo di sospensione di cinque anni a cui è stato sottoposto il dipendente. Infatti, sostenere, genericamente, che l’impiego del ricorrente, anche in diverso incarico, sarebbe fonte di turbamento per il prestigio della Forza Armata e per il regolare andamento del servizio e che il ricorrente “non potrebbe espletare le proprie funzioni con la massima necessaria autorità e credibilità” è una motivazione generica per le seguenti ragioni:

 

- a) facendosi riferimento al prestigio e alla generale organizzazione dell’amministrazione, non si fa altro che ripetere quel giudizio che è sostanzialmente alla base della sospensione precauzionale applicabile fino a un massimo di cinque anni (è infatti evidente che la tutela del buon andamento degli uffici possa richiedere un allontanamento del presunto responsabile, non solo sotto il profilo strettamente organizzativo ma anche sotto quello dell’immagine di sé che l’Amministrazione può dare, oltre che all’esterno, al proprio interno, cioè agli occhi degli altri dipendenti);

 

- b) la conferma di quanto osservato al punto che precede si ricava, del resto, dal decreto con il quale era stata commutata la sospensione obbligatoria in facoltativa,  ove si legge che erano state “considerate la necessità e l’urgenza di tutelare nell’immediato il prestigio, l’imparzialità e l’immagine interna ed esterna” della P.A., che era stato “ritenuto” che tale esigenza fosse prevalente sull’interesse del ricorrente al rientro nell’impiego e che si era “valutato” che l’ufficiale non avrebbe potuto operare “con la dovuta autorevolezza o credibilità”.

 

- c) la P.A, con l’atto impugnato, non ha tenuto conto del fatto che i poteri, le funzioni e le responsabilità, astrattamente riconducibili alla pluralità di incarichi teoricamente attribuibili in relazione al grado rivestito (in sé considerato), vanno poi valutati in concreto, alla luce, cioè, del compito effettivamente assegnato (e non essendo oggettivamente possibile immaginare che, nell’intero plesso della P.A., non vi sia alcun compito da poter attribuire al ricorrente, una volta che sia trascorso il periodo massimo di cinque anni di sospensione precauzionale).

 

12.3) Il motivo di ricorso è quindi fondato.

 

 

 

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Francesco Pandolfi e Alessandro Mariani

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Francesco Pandolfi AVVOCATO

Lo studio Pandolfi Mariani è stato fondato dall’avvocato Francesco Pandolfi.

Egli inizia la sua attività nel 1995; il 24.06.2010 acquisisce il patrocinio in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori. Si è occupato prevalentemente di diritto amministrativo, diritto militare, diritto delle armi, responsabilità medica, diritto delle assicurazioni.

E' autore di numerose pubblicazioni su importanti quotidiani giuridici on line, tra cui Studio Cataldi e Mia Consulenza; nel 2018 ha pubblicato il libro "Diritto delle armi, 20 sentenze utili".

La sua Missione era e continua ad essere con lo studio da lui fondato: "aiutare a risolvere problemi giuridici".

Riteneva che il più grande capitale fosse la risorsa umana e che il più grande investimento, la conoscenza. Ha avuto l'opportunità di servire persone in tutta Italia.

I tratti caratteristici della sua azione erano: tattica, esperienza, perseveranza. coraggio, orientamento verso l'obiettivo.

Tutto questo resta, lo studio da lui fondato continua l’attività con gli avvocati e i collaboratori con i quali ha sempre lavorato nel corso degli anni e ai quali ha trasmesso tutte le sue competenze.

 

 

Alessandro Mariani Avvocato

data di nascita: 08/04/1972

 

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Consulenza legale e redazione atti giudiziari per il recupero del credito (Decreto Ingiuntivo e Costituzione nelle opposizioni);
Attività giudiziale e stragiudiziale con apertura di partita iva ed iscrizione alla casa forense;
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