Premessa: cos’è il capo di imputazione
Con l’espressione capo di imputazione, nel diritto processuale penale, si intende la contestazione mossa dal Pubblico Ministero (e formulata nel momento del rinvio a giudizio) nella quale viene descritto il fatto costituente reato addebitato all’imputato, nonché il luogo ed il tempo in cui detto fatto sarebbe stato commesso.
Il capo di imputazione è un elemento essenziale nella procedura, dacchè consente al Giudice di accertare, all’esito del processo, la rispondenza dei fatti per come individuati rispetto alle risultanze istruttorie e quindi provvedere di conseguenza.
Il tutto, ovviamente, tenendo in considerazione che, ai sensi dell’art. 521 co. 1 c.p.p., “nella sentenza il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, purché il reato non ecceda la sua competenza né risulti attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica”. Non solo.
Il capo di imputazione permette all’imputato di conoscere gli addebiti che gli vengono contestati e, in ragione di questi, approntare la propria difesa per come costituzionalmente garantita.
Il contenuto del capo di imputazione
Partiamo da una considerazione preliminare, ovvero che il P.M. quando non deve richiedere l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV, e V del libro VI, ovvero con richiesta di rinvio a giudizio. Se nel corso dell’istruzione dibattimentale il fatto risulta diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio, e non appartiene alla competenza di un giudice superiore, il pubblico ministero modifica l’imputazione e procede alla relativa contestazione.
Il capo di imputazione deve necessariamente contenere:
1) le generalità dell’imputato;
2) l’indicazione delle norme di Legge che si presume siano state violate;
3) l’esatta e minuziosa descrizione dei fatti oggetto di contestazione;
4) il tempus commissi delicti (indicazioni temporali circa il momento di consumazione del fatto) ed il locus commissi delicti (luogo in cui il fatto è stato commesso);
5) indicazione di eventuali circostanze aggravanti o di quelle che possano implicare l’adozione di eventuali misure di sicurezza, corredate dalla pertinente normativa a suffragio.
Le nullità
Ai sensi dell’art. 177 c.p.p. “l'inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge”.
La nullità processuale implica l’inidoneità dell’atto a raggiungere lo scopo cui è destinato.
Da detta considerazione si può agevolmente ricavare l’assunto in virtù del quale il capo di imputazione è nullo laddove non consenta all’imputato di approntare adeguatamente la sua difesa (ad esempio perché la contestazione non è chiara o è estremamente generica) oppure non sia permesso al Giudice, in ragione dell’erronea formulazione, di accertare la sussistenza di elementi ulteriori, come ad esempio la riferibilità della condotta all’imputato, il tempus commissi delicti (rilevante per la prescrizione estintiva), il locus commissi delicti (per la competenza) ma anche delle norme che si assume siano state violate.
La genericità e l’indeterminatezza del capo di imputazione
Un capo di imputazione che riporti i fatti in modo estremamente generico o comunque con un’indeterminatezza tale da precludere alle parti di poter beneficiare dei diritti e delle garanzie loro riservate dalla Legge, sarà sicuramente nullo.
Tuttavia le Sezioni Unite Penali, con la sentenza n. 5307/2007 (e in adesione a due precedenti pronunce della Corte Costituzionale, ovvero quelle del 15 marzo 1994, n. 88 e 14 aprile 1995, n. 131), hanno chiarito che, nell’ipotesi appena descritta, sia da privilegiare il criterio dell’emendatio, ovvero quello definito dall’art. 423, comma 1 c.p.p.
Ai sensi dell’art. 521 co. 2 c.p.p., “il Giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero se accerta che il fatto è diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio ovvero nella contestazione effettuata a norma degli articoli 516, 517 e 518 comma 2”.
Conclusioni
Il capo di imputazione, in un sistema ordinamentale garantista quale quello italiano, assolve ad un’essenziale funzione volta a tutelare l’imputato consentendo al medesimo non solo di poter conoscere le contestazioni al medesimo mosse, ma di conoscerle in tempo utile così da poter approntare la strategia processuale idonea.
Di conseguenza, la mancata rispondenza del capo di imputazione ai dettami succitati, implica la menomazione di un diritto costituzionalmente garantito all’individuo e, come tale, meritevole di rettifica (con tutte le conseguenze suesposte) con i mezzi e le modalità previste dal Codice.